Friday, September 28, 2007

Sorrento capitale


Dev’essere stata quella sera al ballo in maschera. O più probabilmente quel panino andato a male. Vatti a fidare dei panini. Non ho risposte a tutte le tue domande, cerco solo di palleggiare sobrio mentre sfili l’ennesima sigaretta. E non parlarmi dei colpi di fulmini dei raggi di sole dei petardi allo stadio delle fughe dal ristorante. Non è che non mi interessano è solo che sto gelando dal freddo e mi hai appena pestato il sandalo. Caldaia al sapore di sesamo, è andata via la luce e neanche te ne sei accorta. Mi chiedevo se avessi un ombrello da prestarmi per stanotte ma la mia domanda è morta al tuo ennesimo tentativo di chiedermi il mio segno zodiacale. Forse dovresti soltanto provare a sognare di più. Mi dici che al cuore non si comanda, ai sogni davvero non si comanda. Se erotico il sogno ti sveglia col sorriso la mattina. Anche se poi vai a timbrare il cartellino. Tu. Io no. Io ancora vaneggio e tutto sommato ne vado fiero. Anzi me ne vanto. Il vento. Ci mancava solo quello. Gelo pioggia vento, le abbiamo tutte. Hai ancora sigarette? Ora la so. Ero solo il panino andato a male. Dormi bene piccina.

Wednesday, September 26, 2007

Nella cultura cinese tradizionale ogni individuo, uomo o donna che sia, non dovrebbe "ritoccare" o modificare il proprio corpo (capelli inclusi) per rispetto ai propri genitori che l'hanno messo al mondo. Una sorta di "voglio morire come mamma m'ha fatto".
Oggi invece la musica e' un'altra. Un articolo sull'ennesima triste moda borghese non certo nuova in Cina.


Pechino, Piazza Tiananmen, 1962.

Fonte: Beijing Daily Online

Solidarieta' ai manifestanti birmani


Il mio pensiero e' sempre lo stesso, non cambia. Sogno un mondo senza eserciti e senza frontiere. E oggi mi sento piu' birmano del solito.


Foto: Repubblica Online

Tuesday, September 25, 2007

Vi spiego (molto umilmente) l'università in Cina


Più che altro mi posso limitare a parlare dell'università in Cina per uno studente straniero, nella fattispecie occidentale. Ho studiato tre semestri alla Waiguoyu Daxue (Università di Lingue Straniere, una delle migliori in Cina per l'insegnamento della lingua cinese agli stranieri) e devo studiare ancora due semestri alla Renmin Daxue (Università del Popolo, una delle più rinomate e dove è più difficile entrare in Cina), entrambe di Pechino. Ho anche visitato altre università a Tianjin, Canton, Lhasa. A grandi linee parlando, non ha grande stima e fiducia nelle università e nel metodo di educazione scolastica cinese. Dal 1949 ad oggi si è sempre oscillato tra una strategia qualitativa e una quantitativa (ossia miglior qualità per pochi studenti o minor qualità per tutti gli studenti; intuibile che la seconda è andata per la maggiore in termini di durata di tempo). Oggi le cose stanno cambiando, entrare in una università "decente" è assai difficile, sempre più studenti cinesi vogliono andare avanti con gli studi, si investe sempre più nella ricerca, ma i cinesi "con i soldi" vanno a studiare in Francia, Germania, Regno Unito, StatiUniti, Giappone e anche Italia. Questo accade anche da noi. Essendo i giovani cinesi in gran parte figli unici per la politica del 1979, è chiaro che tutte le speranze e aspirazioni dei suoi 4 nonni e 2 genitori sono riposte su di lui, chiaro insomma che ha una responsabilità e una pressione non indiffirenti e non raramente si legge sui giornali di questa problematica sociale e di studenti che si buttano dal ventesimo piano del loro dormitorio. Ma questo è un altro problema. La mia esperienza in Cina mi porta a pensare che i corsi universitari (senza fare di tutta l'erba un fascio) sia di base che superiori (master e dottorati) siano di qualità mediocre, inferiore sul piano sia teorico che pratico a quella italiana e occidentale in generale. Chiaro che poi la formazione di una persona dipende soprattutto dal suo lavoro, studio, contatti, esperienze, tirocini e via via dicendo. Se avessi 18 anni non verrei ad iscrivermi ad un corso di laurea in Cina se non per imparare il cinese. Dico questo perchè conosco molti stranieri che studiano o hanno studiato in Cina per corsi di laurea di base, master o dottorati. Certo, per uno studente di un paese in via di sviluppo (Bangladesh, Etiopia, Armenia,...) è ovviamente motivo d'orgoglio e di gioia vincere una borsa di studio per venire a studiare una qualsivoglia materia in Cina. Ma stiamo parlando di studenti occidentali e il discorso non vale. In questi giorni sto seguendo corsi di cultura, storia, tradizione e sistemi economici in lingua cinese, corsi di laurea base per studenti cinesi e stranieri (li seguo liberamente, non ho bisogno di passare esami e simili): imparagonabili a quelli che ho seguito in Italia nelle varie università o in Spagna o Inghilterra. Troppo generici, superficiali, zero dialogo studente professore, zero fonti, zero materiali, sembrano discussioni da bar dove parla solo il più anziano, molto poco accademico nel senso che intendiamo noi. In particolare (essendo io laureato e masterizzato in sinologia) seguo corsi di materie che ho studiato anni fa nella mia facoltà di Roma. Cose che già so o che dovrei sapere. La cosa strainteressante è però vedere come la stessa materia e gli stesi argomenti vengano trattati e presentati da professori di formazione e cultura (nonché di lingua) diversi. Questa è la cosa che più mi affascina, nonostante le lezioni siano a volte noiose e con la terribile difficoltà del cinese. Esempio: lezione di cultura cinese, il prof chiede (stranamente) ai presenti quale sia stata la più grande invenzione tecnologica della Cina, poi esportata all'estero; la studentessa cinese alle mia spalle risponde "la bussola"; un altro risponde "il buddhismo". Spero sia stato uno straniero e non abbia capito la domanda. In entrambi i casi le risposte si commentano da sole, il prof è passato avanti a parlare di cultura tradizionale e tradizione culturale.
Due parole invece sull'insegnamento del cinese agli stranieri in Cina. Non è certamente l'università il posto migliore dove imparare il cinese. Meglio una scuola privata o un insegnante privato. All'università si va se si ha bisogno di titoli. Gli stranieri che conosco e che meglio parlano il cinese lo devono al fatto di esser stati per molti anni in Cina, di aver lavorato o di avere la fidanzata o il fidanzato cinese. Ci vuole poco a capirlo. In università l'insegnamento del cinese sarebbe anche piuttosto rigido e serio, stile liceo, lezione tutti i giorni, compiti estenuanti e test di verifica ogni due mesi. Il problema è che molti giovani stranieri vengono in Cina anche e soprattutto per divertirsi, e se ne fregano altamente di obblighi di frequenza e compitini per il giorno dopo; molti si limitano a venire in classe di tanto in tanto, in ciabatte e col caffè in mano (specie i coreani... divertentissimi!). A questo menefreghismo degli studenti stranieri è pian piano inesorabilmene corrisposto un menefreghismo dei prof cinesi e dell'università in generale. Risultato: sforzi anche minimi per risultati decenti, esami facili, voti tuttosommato alti o quanto basta per un titolo o un diploma. Conosco studenti stranieri che dopo quattro anni di università parlano un cinese talmente misero da riscriversi di nuovo, nonostante abbiano già in tasca il diploma di laurea. Ma io non sono qui per giudicare che già troppo a me ho da pensare.

Finalmente qualche paranoia...


Va forte da troppo tempo il tema del precariato, legge Biagi, contratti co.co.co e co.co.pro. Stiamo parlando di lavoro. Ieri decido di scaricare dal blog di Beppe Grillo la versione pdf del libro "Schiavi moderni". E sì che sale la paranoia. E' una raccolta di lettere scritte da italiani di età compresa fra i 20 e i 40 anni dove parlano della loro situazione lavorativa e denunciano le amenità del precariato. Quando 4-5 anni fa sotto il regime di Berlusconi Cofferati portò un milione di operai al Circo Massimo e Giordano gridava "Giù le mani dal lavoro!" e Bertinotti continuava "Siamo tutti disoccupati, siamo tutti terroni, siamo tutti clandestini, siamo tutti froci e siamo tutte lesbiche" e io stavo nel mare di bandiere rosse con una mezza bottiglia di lambrusco in mano pronto prontissimo per la rivoluzione, mi chiedo oggi, quei bei signori che oggi han tutti la poltrona e la giacca nuova, del precariato e del diritto e dignità del lavoro si sono scordati così in fretta da dire "Beh, questione di tempo e qualche ritocchino alla Biagi la faremo"!?!?. Fanno schifo. Tutti. Han ridotto il lavoro un bene di lusso e i lavoratori merce. Il lavoro. A 25 anni compiuti al lavoro dovevi già aver cominciato a pensare. E se non l' hai fatto è bene che cominci a farlo.
Quando mi chiedono che lavoro voglio fare da grande rispondo ancora come un beota: il barbone a New York, il vagabondo, la borsa di studio e così via. Ultimamente sto leggendo un libro sulla vita di Durruti e la storia dell'anarchismo spagnolo, mi sta venendo voglia di fare il rivoluzionario di professione. Ma cazzate a parte io nel mio intimo ci penso a che minchia mi metterò a fare da grande. E soprattutto come. A leggere del mondo del lavoro dei giovani italiani d'oggi viene da mettersi a piangere. Per fortuna non ho mai preso in considerazione l'ipotesi di lavorare in Italia...
Pensavo al giornalista, al free lancer, male che vada il professore di lingua o di materie umanistiche, magari il ricercatore in qualche osservatorio sociale che si occupi di Cina, forse il volontario in Africa, non escludo l'eremita. Mi cago addosso solo a pensare al lavoro, figuriamoci al matrimonio. So che fino a luglio sarò qui in Cina a studiare e vivere praticamente gratis, e se continuo come negli ultimi giorni (lavori a manetta, comparsa per film e pubblicità, ma si aprono anche altri orizzonti part-time sembra) riesco anche a mettere qualcosa da parte. Nei prossimi 3-4 mesi devo decidere cosa fare, sono già alla ricerca di nuove borse di studio o opportunità di studio (non credo di essermi ancora stancato) o magari mi butto sul servizio civile internazionale.
Il timore è quello di cui discutevo qualche anno fa con uno studente di antropologia: vedeva già noi aspiranti sinologi laureati e masteriazzati in cinese come futuri miseri burocrati e mediocri topi d'ufficio del commercio internazionale in Cina, vale a dire, con un lessico meno post marxista, interpreti e sguatteri di uomini d'affari e compagnie varie che vengono in Cina perchè la vita costa ancora molto meno e qua si fanno ancora buoni affari. Esattamente l'ultimo dei motivi per il quale io ho scelto di studiare cultura cinese. E comunque secondo me il collega antropologo sbaglia, perchè la pacchia dei prodotti a basso costo non durerà ancora per molto e tuttosommato sembrano aprirsi altre strade in ambito professionale per sinologi masterizzati, quali nel campo artistico e nella ricerca.
Non ha paura. Male che vada fino a quarant'anni continuo a fare la comparsa nei film (non immaginate quanti tizi conosca che in Cina tirano avanti così). E poi credo mi piacerebbe vivere in America Latina, spero negli anni a venire aprano molte nuove facoltà di lingua cinese dalla Patagonia a Cuba e spero soprattutto la domanda di insegnanti di cinese si impenni a breve. Fratello / sorella sinologo / a, non disperare! Non siamo schiavi moderni! Non ancora almeno.

Monday, September 24, 2007

Vi spiego (molto umilmente) il cinese


Se qualcuno ancora avesse dubbi a quale facoltà iscriversi o avesse scelto di darsi allo studio del cinese, farebbe meglio prima a dare un’occhiata a questo post.
Non vi sto a dire che il cinese è una lingua morfemica o che fa parte della famiglia delle lingue sino-tibetane, queste sono che si possono leggere ovunque e sono riportate meglio di come possa farlo io. Io vi scrivo invece di come uno studente italiano si trova e ritrova a studiare la lingua cinese, sia in Italia che in Cina.
Il cinese a mio avviso non è un idioma né tecnico né logico (o almeno che non risponde alla “nostra” di logica). Non ha alfabeto ma delle schifezze chiamate caratteri. Nel cinese classico ogni carattere era una parola, cioè aveva un significato (o una funzione precisa nella frase). Oggi anche, ma per lo più una parola è formata da 2 o 3 caratteri. I caratteri sono troppi, chi dice 6.000 chi dice 12.000, il problema non è tanto quanti sono ma quali vengono usati e a che pro. Se volete parlare un cinese elementare bastano 2-3 mila caratteri, per leggere un giornale o seguire un corso universitario in cinese ne servono di più. Un carattere è formato da dei radicali, ovvero delle parti fisse di caratteri, che ritornano sempre uguali e hanno spesso significato proprio (ne esistono circa 190). I radicali sono formati a loro volta da dei tratti, ovvero dei segni di pennello, anch’essi fissi e sempre uguali. Più segni fanno un radicale, più radicali un carattere, più caratteri una parola, più parole una frase e così via. Seguitemi, siamo quasi arrivati. Dunque imparando i tratti, i radicali e 3-4 mila caratteri (oltre ad una conoscenza della sintassi e ad una pronuncia necessariamente perfetta per una questione di toni che non sto qui a tirare fuori sennò vi suicidate subito) si può parlare cinese. Purtroppo non è così facile. E qui sta il punto: le parole cinesi sono troppe, direi quasi infinite, perché ad ogni carattere si associano più significati, ad ogni significato più caratteri, immaginate cosa esce fuori se mi metto ad associare insieme 2 o 3 caratteri per tirare fuori significati!! Quello che voglio dire è che quando un cinese mi chiede cosa mi resta più difficile nello studio della lingua cinese non ho mai dubbi, rispondo sempre “avete troppe troppe parole”. Ancora dopo 6 anni che ho a che fare col cinese e dopo 2 anni di studio e lavoro in Cina scopro nuove parole usate quotidianamente per dire frasi banalissime come “chiedo permesso” o parole come “tempo”. Da suicidio veramente. La fonetica è anche tosta, ma la si perfeziona col tempo. La sintassi è semplice (rispetto a quella latina, italiana o sanscrita) e comunque nel parlato è un po’ un’anarchia totale, ognuno mette soggetto e verbo come più gli piace. E c’è una frase che ahimè troppo volte mi sono sentito dire dai prof e continuo a sentire: “Daniele, bello e interessante quello che hai scritto, ma, come dire, noi cinesi non siamo soliti dire così, qui usiamo piuttosto quest’ altra espressione, qui usiamo piuttosto questa parola”. Maledetti. Sintassi apposto, concetto perfetto ma le parole e il modo di metterle insieme è inusuale, perché loro sono soliti esprimersi con altre parole. La lingua cinese non è libera. Cioè non puoi usare parole nuove appena studiate per indicare altri concetti. Ogni parola è legata a dei concetti fissi, storici, tradizionali. I cinesi non si esprimono a parole ma a proverbi, a frasi fatte. Si esprimono a chengyu, ovvero a una sorta di frasi fatte di 4 caratteri dove dentro è racchiuso tutto il significato di una frase che tradotta in italiano servono 100 parole per spiegarla. Pazzesco. Esprimono concetti altissimi in 4 parole. Se vuoi esprimere lo stesso concetto con altre parole semplicemente non puoi farlo. Perché è già stato espresso e scritto da poeti e mandarini già 2000 anni fa. Attaccati al cazzo viso pallido europeo.


p.s. Se qualcosa non fosse chiaro (non e' chiaro neanche a me) sono a vostra disposizione per ogni problema.

Sunday, September 23, 2007

... e anche stavolta c'abbiamo lasciato il fegato





































Tuesday, September 18, 2007

Caterina ci ha inviato una email che parla di un'utopia, di una citta' lituana indipendente che vive di arte e di pace. Non so se sia vero o meno, ne' se esista davvero. Ma vi pubblico il testo e la costituzione.

"Uzupio si è dichiarato indipendente dalla Lituania e vive di arte epace. Fino a ieri era più che altro un paradosso politicio, cresciutopoco lontano dal cuore di Vilnius. Un'idea brillante e socialmenteutile che tentava di trasformare un quartiere degradato in un micro-stato ideale collegato al resto del mondo da sette ponti. LaRepubblica di Uzupio fu un'idea nata il 1° Aprile 2000, data scelta persegnalare la goliardia dell'iniziativa. Un gruppo di residenti dellazona, ai quei tempi ancora pericolosa e piena di problemi, decise diformare un governo e dichiarare l'indipendenza dalla Lituania perriprendersi l'anima del rione e trasformarlo in un luogo creativo,positivo dove far crescere i bambini e liberare i sogni degli adulti.Un gruppo di idealisti e professionisti scrisse una costituzione di 41articoli ( che si trova incisa in una lastra di ottone luccicante invia Paupio vicino la piazza principale)." Qui ci sentiamo liberi di essere quello che vogliamo. Chi vienequi a vivere stabilmente o anche solo a passare un pomeriggio, è il benvenuto, sempre. Ci rispettiamo a vicenda e scegliamo se condivideretutto o niente a seconda dell'umore e di come percepiamo le vibrazionireciproche. E ce ne stiamo in pace contutti."

41 ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE DI UZUPIO

1. Tutti hanno il diritto di vivere vicino al fiume Vilni e il fiume ha il diritto di scorrere
2. Tutti hanno il diritto all’acqua calda, al riscaldamento d’inverno e a un tetto
3. Tutti hanno il diritto di morire ma non è un obbligo
4. Tutti hanno il diritto di fare errori
5. Tutti hanno il diritto di essere unici
6. Tutti hanno il diritto di amare
7. Tutti hanno il diritto di non essere amati
8. Tutti hanno il diritto di essere mediocri e sconosciuti
9. Tutti hanno il diritto di oziare
10. Tutti hanno il diritto di amare un gatto e prendersi cura di lui
11. Tutti hanno il diritto di badare al cane fino a quando uno dei due muore
12. Il cane ha il diritto di essere un cane
13. Il cane non è obbligato ad amare il suo padrone , ma deve essere di aiuto nei momenti di necessità
14. A volte si ha il diritto di essere inconsapevoli dei propri doveri
15. Tutti hanno il diritto di avere dei dubbi, ma non è obbligatorio
16. Tutti hanno il diritto di essere felici
17. Tutti hanno il diritto di essere infelici
18. Tutti hanno il diritto di stare in silenzio
19. Tutti hanno il diritto di avere fede
20. Nessuno ha il diritto di usare violenza
21. Tutti hanno il diritto di apprezzare la propria scarsa importanza
22. Nessuno ha il diritto di avere un progetto per l’eternità
23. Tutti hanno il diritto di comprendere
24. Tutti hanno il diritto di non capire
25. Tutti hanno il diritto di appartenere a qualche nazionalità
26. Tutti hanno il diritto di celebrare o non celebrare il proprio compleanno
27. Tutti devono ricordare il proprio nome
28. Tutti hanno il diritto di dividere ciò che posseggono
29. Nessuno può dividere ciò che non possiede
30. Tutti hanno il diritto di avere sorelle, fratelli e parenti
31. Tutti possono essere indipendenti
32. Tutti sono responsabili della propria libertà
33. Tutti devono poter piangere
34. Tutti hanno il diritto di essere fraintesi
35. Nessuno ha il diritto di dichiarare colpevole il prossimo
36. Tutti hanno diritto all’individualità
37. Tutti hanno diritto a non avere diritti
38. Tutti hanno diritto ad non avere paura
39. Non deludere
40. Non combattere
41. Non cedere

Monday, September 17, 2007

19 settembre 1982. Il quarto di secolo.


Come si dovrebbe sentire un uomo dopo un quarto di secolo? Me lo chiedo stasera, a due giorni dal mio primo quarto. Non saprei. Oggi giornata di merda (rotto il cellulare, rotta la lampada, niente sconto studenti tessera bus perchè straniero, litigato con diversi burocrati segretarie commercianti e addette del traffico, mega acquazzone che mi ha colto per strada risultato doccia vestito gratuita) , ma oggi non conta. Conta il bilancio di 25 anni e le idee / prospettive future. Mi sento in caduto libera, mi emoziona guardare avanti e mi chiedo se prima o poi ci sarà mai un elasticone a tirarmi su per le gambe. Proprio come un bungee jumping. Mi piace questa sensazione di libertà e avanscoperta, nessuna paura del vuoto, paura semmai che non ci siano elastici legati alle mie caviglie. E' una bella sensazione, l'unico problema è capire fino a quando durerà. Un approccio "filosofico" che reputo piuttosto intelligente l'ho sentito tre anni e passa fa in Kenya: guardare avanti può creare fastidio, malumore, paura, incertezza; ma è indietro che bisogna guardare, a ciò che si è fatto e non solo al da farsi; e dal fatto trovare la spinta e la voglia per il domani. Discorso molto ottimista e molto da oratorio salesiano, ma non disprezzo, anzi compro. Stasera ancora le mutande bagnte di pioggia tra i compiti di cinese e gli articoli di giornale mi fermo un secondo soltanto a guardarmi dietro, a ciò che ho fatto in questi lunghi 25 anni che ora sembrano molto meno di un soffio. E cazzo mi promuovo. Con ottimi voti. Sono soddisfatto dello stronzo che ho sotto la pellaccia. Sono un cinico e pessimista, non biasimo quelli a cui faccio schifo, spesso mi sputerei in faccia da solo, ma se guardo dietro di strada (anzi strade) fatta ne vedo tanta, non riesco più a vedere l'inizio. Autocompiacimento? Forse. Ammiro e bonariamente invidio molte persone, soprattutto amici ed amiche, ma neanche per una cassa di Jack Daniel's mi scambierei con qualcuno/a. E ringrazio tutti/e quelli/e che sono stati al mio fianco e alle mie spalle in questi anni. Ringrazio anche quelli che hanno provato a farmi lo sgambetto e ci sono riusciti. Non saprei calcore i volti visti e le persone conosciute nei vari continenti e in questo quarto di secolo. Salutatemeli tutti. Mi sento vecchio? Abbastanza. Il fisico i 25 anni di vagabondaggio e minchiate li porta tutti, la pancia non manca, i capelli un po' sì, esco meno e mi cago sotto molto più spesso, ma ho ancora notti da spendere all'aperto e sigari da fumare. Non ho molto da festeggiare ma una bevuta in compagnia la offro volentieri...

Approposito: siete tutti invitati, portate chi vi pare e come vi pare, non vestite eleganti, meglio se non vestite per niente (senza allusioni al compleanno di due anni fa...), vietati i regali, apprezzati alcolici ed esplosivi, in caso di pioggia assaltiamo un hotel 5 stelle lì vicino (so già come tradurre "esproprio proletario" in cinese), voi pensate a portare allegria che al bere e al mangiare ci penso io. Acquazzoni permettendo pensavo di fare un rinfresco di qualche ora a birre e stuzzichini (vodka per gli amici sovietici e vino per quelli italiani) nei banchetti di fronte al Liaohaolou nel campus ovest dellàUniversità di Lingue Straniere (Beijing Waiguoyu Daxue), sabato 22 verso le 8 di sera. Comunque vi aggiorno per sms.

Speriamo il prossimo quarto di secolo sia altrettanto promettente. Intanto io proseguo il bungee...

Poesia


Cosa fa er Papa? Eh ttrinca, fa la nanna,Taffia, pijja er caffè, sta a la finestra,Se svaria, se scrapiccia, se scapestra,E ttiè Rroma pe ccammera-locanna.Lui, nun avenno fijji, nun z'affannaA ddirigge e accordà bbene l'orchestra;Perché, a la peggio, l'ùrtima minestraSarà ssempre de quello che ccommanna.Lui l'aria, l'acqua, er zole, er vino, er pane,Li crede robba sua: È tutto mio;Come a sto monno nun ce fussi un cane.E cquasi quasi goderìa sto tomoDe restà ssolo, come stava IddioAvanti de creà ll'angeli e ll'omo.

Gioacchino Belli


Foto: Ianna e Nadia in concerto al Lush

Saturday, September 15, 2007


Un articolo di Davide Vari' su Liberazione di oggi: precariato, spaccio e la sentenza d'un giudice.

Il blog di un cino-americano che vive ad Hong Kong.

Friday, September 14, 2007

Come vanno i preparativi per le Olimpiadi 2008 di Pechino??


Tempo fa una mia amica che studia in Inghilterra mi ha chiesto come vanno i preparativi per le Olimpiadi 2008 di Pechino. Provo a rispondere e lo faccio con un post.
L'impressione che spesso si ha è quella di stare in un grande, enorme, variegato cantiere dove operai e capomastri lavorano giorno e notte. Questo già da parecchi anni. Specie da tre anni a questa parte. Hanno buttato giù mezza Pechino per costruirne una più nuova e moderna, a prova del più fastidioso occidentale con la puzza sotto il naso. Esagero, mi voglio rovinare: a Pechino non si muove una mosca che non sia per i preparativi delle Olimpiadi. Oramai anche i cinesi si divertono a rispondere così ad ogni domanda che gli stranieri fanno: "Perchè hanno distrutto quel ristorantino e ci hanno costruito una palestra di tre piani?" e il cinese ti risponde "E' per le Olimpiadi". "Perchè hanno costruito un altro megastore di undici piani se ce ne sono già quattro nella stessa strada?". "E' per le Olimpiadi". "Perchè hai iscritto tuo figlio al corso di cucina giapponese?". "E' per le Olimpiadi". "Perchè tua moglie ti ha lasciato?". "E' per le Olimpiadi". E così via. Anche stamane la mia professoressa ha risposto così alla domanda "Perchè piove così spesso?" posta da una venere kazaka. Mi sto abituando anche io a rispondere così a ogni tipo di domanda e a iniziare ogni discorso con "Grazie allo sviluppo economico cinese...". Ma torniamo alle Olimpiadi. Distruggono il vecchio (e tradizionale) e ricostruiscono moderno e confortevole. Costruiscono servizi e facilities. Tutto molto formale e apparisciente, chiedete a chi è stato in Cina cosa pensa di sicurezza, qualità ed igiene anche negli hotel a cinque stelle e nei ristoranti di lusso. Tutto finto. Conta la forma. I migliaia di turisti stranieri e uomini di affari che verranno a Pechino per un paio di mesi al massimo durante le Olimpiadi, troveranno un grande Luna Park di cartapesta e penseranno di stare a Tokyo, Sidney o Francorte. E investiranno.
Dispiace vedere quelle bettoline, casette, tempietti, stradine, vecchine buttate giù dalle ruspe del progresso, dispiace vedere il ristorantino dove andavi a mangiare tutte le sere ravioli e arrosticini e osservare gli anziani giocare a schacchi cinesi o a majiang ridotto ad un cumulo di macerie il giorno dopo. Dispiace vedere raddoppiato il prezzo di una bottiglia di birra solo perchè ora chi te la vende è una ragazza con le unghie rifatte e il grembiule pulito e non maleodorante. Il servizio costa. Non è gratis. Mi chiedo ancora chi sia lo stronzo ad aver chiesto questo "servizio", a me era molto più simpatico il vecchietto sdentato maleodorante distributore di sigarette. Ma il servizio costa. Anche se è finto. Lo paghi lo stesso. Io personalmente mi sento preso per il culo, ma questo è un altro discorso. Distruzione semi totale. Il tema urbanistico e demografico è uno dei più sentiti tra gli alti quadri. Ciò che non sono riusciti a devastare i mongoli prima e gli imperialisti inglesi e le Guardie Rosse dopo lo sta devastando questo progresso e le sue tanto attese Olimpiadi. La scorsa settimana Lavinia (dottoranda nella migliore università cinese, modestamente ho amici di un certo livello) era in cerca di una bettolina per un pasto frugale in uno dei quartieri più moderni di Pechino, grattacieli e banche; dopo lungo camminare ha individuato un ristorantino "cinese" e ha chiesto al proprietario come mai non fosse stato ancora cacciato via e il locale demolito. "Questione di tempo". Chiede Lavinia se il proprietario è d'accordo con la politica di distruzione e ricostrione. Alzata di spalle come risposta. Credo non sia stata la domanda più azzeccata: nessuno ha mai chiesto ai cinesi se sono d'accordo con le scelte di chi omanda. Questo storicamente e culturalmente, né con gli imperatori né con la Repubblica né con i comunisti. La domanda più interessante è a mio avviso se ai pechinesi piaccia o meno la nuova Pechino. Se ne sono felici o meno. Se ci si ritrovano o meno. Ho indagato. Poco ma ho indagato. Molti odiano la nuova città con i suoi grattacieli, alberghi, supermegamercati, macchinoni. Le nuove buone maniere e questa nuova marea di sporchi stranieri come il sottosritto. Altri apprezzano e cercano la loro piccola o grande parte di profitto. E delle Olimpiadi? Noto menefreghismo. Ma anche curiosità, aspettative, voglia di vedere cosa cazzo succederà in questo maledetto agosto del 2008. E dissenso. Nei siti liberi, nei blog, nei giovani. E poi ci sono gli attivisti anti-olimpiadi veri e propri, cinesi in esilio, indipendentisti tibetani e uiguri, attivisti del falugong, democratici, vittime di sfratti e ingiustizie sociali, movimenti e organizzazioni per i diritti umani e ambientalisti. Ci sono tutti. Due anni fa con un'amica italiana e una giapponese fondammo in una saletta d'attesa della Stazione Sud (la peggiore stazione di treni al mondo) il Libero Sindacato dei Lavoratori Cinesi al motto di "Evviva il sindacato libero!" subito mutato in "Qui vive il sindacato libero!" con chiara allusione alla saletta buia e sudicia della Stazione Sud. Ci dissero che l'avrebbero demolita a breve. Non credo esista più. Protesterò.
Gli operai sono ancora al lavoro, costruiscono nuovi stadi, piscine, palazzetti dello sport, nuove strade ed alberghi, saune, ponti, stazioni. A costruire i nuovi cinesi ci pensano i media, televisione e giornali. La filosofia del bisogno, "ho bisogno ergo sum" che diventa subito "compro quindi esisto". Di sicuro il più curioso sono io, sono anni che aspetto questo evento e come un cinese mi chiedo "che cazzo succederà ad agosto 2008!?". Spero solo di non perdermi lo spettacolo. Nel frattempo, Evviva il Libero Sindacato dei Lavoratori Cinesi!, Evviva il Libero Sindacato degli Studenti Stranieri a Pechino!
p.s. Spero di aver risposto alla domanda.
II p.s. La foto? Mosca!

Daniele consiglia...


Il sito di un gruppo di attivisti israeliani contro il muro in Palestina, segnalatomi da un'amica catalana andata in quelle terre la scorsa estate a far volontariato.

E il blog di Desiree, amica e compagna di studi, sinologa da prima di me. Un altro occhio critico sulla Cina, meno superficiale e goliardico del mio.

Pechino che piove


Pechino che piove è più bella. Non avevo mai visto tanto pioggia in questa parte del mondo come in questi giorni. Artificiale? Per ora ci interessa solo che piova. Cielo grigio e pioggia si sposano coi tristi palazzi e gli ancora più tristi architetti che "hanno invaso la città". Fanno Pechino molto più Londra. Col sole e il cielo sereno Pechino assomiglia più a una Miami con più KFC e meno McDonald's. Pechino deve restare triste e sobria per definizione, business e servizi restino a Shanghai e Canton, qui vogliamo solo quadri e posti di comando. Su uno sfondo grigio pioggia. Che da ridere c'è ben poco. Tra i tanti modi che i giovani stranieri han per tornare a casa dopo una sera a birre con gli amici (stranieri) e scopate facili (cinesi) io prediligo in assoluto quelli in bicicletta. Non prendo neanche in considerazione taxi o auto. I bus non ci sono e se ci sono non vanno dove devi andare tu. Tornare in moto è superbo (Ianna docet). Divertente e pericoloso tornare sui rollers. Sconsolante tornare a piedi. Vince la bicicletta. Trovi Pechino che dorme e strade deserte, semafori accesi, venditori ambulanti qua e là, mentre canti zigzagando su questa due ruote che in Italia faticherebbero a definire "bicicletta", ripassi con lo sguardo vicoli e strutture che nel giorno sono affollate da miliardi di persone e nella notte sembrano luoghi fantasma, vuoti e illuminati a giorno dai neon del capitalismo alla cinese. Tra i vari luoghi (sempre meno) che ancora resistono puoi trovare la bettola di topi e scarafaggi e il vecchietto a petto nudo e due cicatrici al ventre che sigaretta in bocca e incomprensibile dialetto pechinese abbaiato vende ancora birre da 66cl a 20 centesimi d'euro. E forse qualche operaio notturno in pausa sigaretta seduto nella bettola a consumare spaghetti cinesi e cetrioli in agrodolce. "Non ho rapporti coi proletari, soltanto a tarda notte lungo i viali". E' la pioggia a rendere tutto più emozionante.
Un saluto a Stefano Tarantini, che questa Pechino è indubbiamente anche un po' sua.

Wednesday, September 12, 2007


La tessera giovani. La tessera studente. La tessera della mensa. La tessera della palestra. La tessera della biblioteca. La tessera per ricevere la borsa di studio dalla banca. La tessera per i mezzi pubblici. La tessera per lo sconto libri. La tessera per le tessere. Mi manca solo la tessera di partito e quella della bocciofila e poi le ho tutte. Da grande voglio fare la tessera!


Per fortuna che dal'Italia leggo di Briatore che vuol lasciare il Bel Paese (speriamo per sempre. Fossi nato duecento anni prima l'avrei mandato alla ghigliottina) e che almeno la polizia belga ha pensato di dare un paio di sane ed oneste manganellate al cane di Hitler messer Borghezio.


Pechino, Universita' del Popolo, dormitorio studenti stranieri, undicesimo piano.

Tuesday, September 11, 2007

A volte ritornano: foto di Mosca e Transiberiana






















Monday, September 10, 2007

Pechino rock!







Due giorni di festival in un grande parco a Pechino, 35 euro il biglietto di ingresso (mezzo salario mensile di un operaio cinese, vergogna!!!), per fortuna in molti han poi trovato il modo di scavalcare ed eludere la sorveglianza. Ninch Inch Nails, Marky Ramone e Public Enemy fra le band straniere. Per i piu' curiosi:









Qualche scatto da Pechino...

Saturday, September 08, 2007

Breve storia noiosa delle solite quattro noiose cazzate


Era solo una stupida questione di soldi. Lo stato, l’idea, il regime, la politica, l’etica, l’estetica… tutto finto. Era solo una stupida questione di soldi. Morto il vecchio Mao fecero presto a trovare un ottimo modo di risolvere i problemi: aprirsi al mercato, far affluire capitali stranieri. Dalla radici del vecchio sistema centralizzato (e da quello imperiale più vecchio ancora) crearono un nuovo sistema, una grande macchina che ordinasse il tutto e mantenesse stabilità nella nuova politica sociale ed economica. Inventarono nuovi slogan per giustificare la nuova egemonia del denaro, se ieri era glorioso morire per la rivoluzione ora lo era arricchirsi. Al popolo non interessò più di tanto, specie quando videro circolare la prima carta moneta di grosso taglio. E poi vestiti nuovi, diversi, la carne più volte al mese, le auto, i frigoriferi, la televisione e via via fino alla Coca Cola, alla Nike, a l’Oreal, ai figli all’università e alle vacanze a Parigi. E con essi arrivarono anche la proprietà privata, “il servizio ha un costo, io lo pago e lo pretendo”, la cultura dell’immagine e nuovi modelli estetici a cui rifarsi. Del passato così vicino non restano che i quadri dirigenti, cioè quelli che da tutto ciò traggono più profitto, gli ultimi a desiderare cambiamenti e mantenere profitto e potere. Al servo interessa solo che il padrone sia magnanimo, e finché il padrone lascia credere di esserlo il servo serve e lo fa con soddisfazione. Era solo una sciocchissima questione di soldi. Erano lì, bastava solo andarseli a prendere. Non era vero che culturalmente il popolo non si toccava o baciava per strada, non era vero che ideologicamente il popolo non faceva uso di droghe, non si vestiva in modo indecoroso o si abbandonava a facili costumi, non era vero nulla. Era solo una questione di soldi. E neanche tanti. Ma era solo questione di soldi. Sciocca stupida questione. “I soldi fanno andare l’acqua all’insù” diceva mio nonno, molto di più caro mio nonno, rendono i giovani di paesi culturalmente e tradizionalmente lontani come l’Artide dall’Antartide vestire e mangiare le stesse cose, di più, amare le stesse cose, di più, avere gli stessi bisogni e le stesse necessità. Che poi chiamano tali, ma tuo caro mio nonno che di guerre ne hai vissute ben due “bisogno” e “necessità” sai bene cosa volevano dire, e col lessico dei giovani d’oggi c’azzeccano assai poco. Stessi vestiti, cibi, divertimenti, interessi, bisogni. Non è strano: ai vertici delle lobby di potere, a riscuotere i profitti del nostro antistorico e tremendo standardizzarci, i padroni sono sempre gli stessi, uguali in tutto il mondo, senza differenza (se non apparente) di razza, religione, credo politico, etnia. Ed ora la cosa più interessante e forse l’unica che conti veramente è capire quale sarà la prossima mossa o, come l’avrebbe detta mio nonno, dove andremo mai a finire. Per ora io ho finito questo post. E già non mi sembra poco.

Friday, September 07, 2007

Una canzone che i bambini intonavano a scuola e nelle strade durante i tempi della Rivoluzione Culturale (l'ho trovata in cinese, improvviso una traduzione spicciola...)

我爱北京天安门, 天安门上太阳升, 伟大领袖毛主席, 指引我们向前进.
Io amo la Piazza Tiananmen, su Tiananmen splende il sole, il grande leader presidente Mao ci guida verso il nostro avvenire.

Genghis Khan? Ambientalista ed omofobo!

Ed ho finalmente visto il documentario di Michelangelo Antonioni "Chung Kuo" sulla Cina del 1972 ("Chung Kuo" significa "regno di mezzo" ovvero "Cina" in una delle possibili translitterazoni). Tre ore e mezza di qualcosa di estremamente interessante, mostra una Cina agricola e collettivizzata, egualitaria e misera cosi' come Mao la voleva, una Cina morta una trentina d'anni fa ma che ancora forse da qualche parte esiste ancora, una Cina come nelle poesie di Majakovskij dove "chi non lavora non mangia"...
Un documentario sul quale ci sarebbe tanto da dire e da criticare, ma e' troppo facile farlo con un occhio postumo di 35 anni. Vedetevelo. E poi venite in Cina.
"Una barca ha il timoniere, la rivoluzione il presidente Mao"

E anche il testo della canzone "Non e' tranqua". Nessun diritto riservato.

NON E’ TRANQUA

Tre coglioni a Fiumicino, sparare cazzate e bere vino
Mosca russe da paura, Mosca i russi fan paura
6 giorni in treno, senza vodka, dai vai che è tranqua
tonno manzotin e pancarrè, vai dai che è tranqua

8 ore in frontiera, per un corno di mammuth
arrivati appena in Cina, ci si spara la grappina
6 giorni in treno, 6, vai che è tranqua
no, la grappina no, non è tranqua

Arrivati a Pechino, col grappino birichino
qui tranquilla non ci sembra, tira un dado sulla tempra!
6 giorni in treno, senza vodka, dai vai che è tranqua
giorni senza sole, no, non è tranqua

Becco Ianna e poi diarrea, e di birre una marea
dai Pechino è sotto scacco, mezzanotte e all’attacco!
Barbaro molesto no, non è tranqua
ma di nuovo in treno, sì, dai vai che è tranqua

20 ore per Lanzhou, sempre in piedi a go go!
Anche sopra i lavandini, maledetti mandarini
Via della Seta, sì, dai vai che è tranqua
Trenta birre a Turpan, no, non è tranqua

Arrivati alla fine, ci si trova a Kasghar
fatti ancora quattro passi, ecco lì l’Afghanistan
Via della Seta, sì, dai vai che è tranqua
autostop sul Pamir, no, non è tranqua
Sulla strada per Golmud, 17 in un pulmino
arrivati a Cherchen, ci lasciamo l’intestino
Via della Seta sud, non è tranqua
soldi zero e polvere, non è tranqua

Per i biglietti una nottata, mammamia che faticata
quanto è alta ‘sta ferrovia, tutti a Lhasa che follia
monaco ubriaco, sì, dai vai che è tranqua
morso sulla testa, no, non è tranqua

Bella Lhasa, da paura, ma i turisti che rottura
poi le foto di mezzo mondo, se ne vanno in un secondo!
Buddah con la RedBull, no, non è tranqua
mucche con la gonna, sì, dai vai che è tranqua

Ritornati a Pechino, ritroviamo Iannellino,
senza casco, moto in tre, in palestra con Daniè
La panca piana, no, non è tranqua
moto senza targa, sì, dai vai che è tranqua

Ristorante e polizia, “sei uno stronzo” e scappo via!
Tiananmen lala la la, Tiananmen lala la la
Il Borghetti e i russi, no, non è tranqua
Ianna coi cinesi, no, non è tranqua

Finalmente è finita, ‘sta canzone infinita
Zabe zabe za…

Eccovi i video...

Se invece volete pisciare dalle risate date un'occhiata a questi tre filmini su YouTube:
sapore di zabe
tanto è tranqua
danili
tutti realizzati da noi quattro scemi maceratesi in giro per le strade di Pechino, a suon di chitarra e vino...

p.s. Se non riuscite ad aprire i link basta andare su www.youtube.com e scrivere rispettivamente "sapore di zabe", "macerata pechino", "danili macerata" e dovreste farcela. Buon divertimento.


Altan, da l' Espresso Online

Thursday, September 06, 2007

Xinjiang, Tibet, Pechino, palestra






















Si muore di lavoro, si muore a tutte le ore, chi cazzo se ne frega se muore un tenore (evasore, n.b.)

Hang over







Pechino è un ottimo posto dove imparare l’inglese. Ora che anche i tassisti han cominciato a parlare inglese ho deciso che non parlerò più cinese per strada, al massimo giusto a lezione. Esame andato, mi han messo in una classe medio alta, non so se cambiare, restando avrei meno da studiare e più tempo per ricerche e lavori, andando in una classe di livello più alto sarebbe da sputar sangue tutti i giorni. Lunedì iniziano le lezioni, ci sarà da ridere. Ridere si è riso soprattutto ierisera, festa memorabile, il locale di un argentino che offriva birra gratis, c’era tutta la gioventù europea assetata e cinesi ubriache, sono caduto più volte in bici sulla via del ritorno. Zabe zabe za. Figure di merda costanti. Capita quando si conosco nuove persone ogni 2 secondi e mezzo, si beve mentre si fa amicizia, di sicuro il nome non lo ricorderò mai, neanche quello di quella strappona là, e allora figuracce a go go, ma non credo interessi a nessuno. Il mio compagno di stanza è l’uomo più buono e tranquillo che abbia mai conosciuto, non beve alcool e non fuma, probabile che lo sposo. Specie ora che Yu mi ha mollato. Dice che con me non è felice e le credo, neanche io sono felice con me, devo essere una persona di merda davvero. E’ la vita. Oggi quella particolare sensazione tra l’hang over, il deluso e l’incazzato. Questo per la borsa di studio. Vi spiego come funziona:
la Cina tramite il Chinese Scholarship Council dà ogni anno centinaia di borse di studio a studenti stranieri; per l’Italia ce ne sono dodici. Il bando esce a gennaio, è richiesta molta documentazione, cartastraccia burocratica, il curriculum vitae, conoscenza della lingua cinese e (badate bene) un progetto di ricerca. Ovvero: io governo cinese ti pago e ti mantengo perché tu viso pallido italiano venga in Cina a ricercare per il progetto da te scritto. In Italia la borsa è assegnata dal Ministero degli Esteri. In pratica si deve andare a Roma a fare un colloquio con alcuni sinologi, testano il tuo livello di cinese e ti interrogano sul progetto che hai scritto. Se vieni selezionato dovrai fare mille esami medici e portare parecchie scartoffie. E poi arriva la lettera d’invito dell’università cinese a cui sei stato affidato per il tuo progetto di ricerca. La borsa consiste in 110 euro al mese (per laureati; 80 per laureandi, 160 per dottorandi), tasse universitarie, alloggio e spese mediche. Fin qui tutto bene. Il brutto è che in fin dei conti come arrivi all’università cinese risulti come un comunissimo studente di lingua, che dovrà seguire corsi di lingua cinese con altri studenti stranieri. Il tuo progetto tanto sudato va a farsi benedire, nulla è programmato per quello, dovrai solo studiare cinese e bacco tabacco venere la sera come in tutte le università del mondo. L’unica differenza è che a te pagano tutto. Delusione. E il problema non è solo formale. Perché mi han dato una borsa di studio basandosi sulla fattibilità-interesse del mio progetto se poi sono qui solo per studiare cinese gratis??!! Uno dei tanti interrogativi ai quali il governo cinese non dà risposta.
Vado in palestra.

Tuesday, September 04, 2007

Ciao ragazzi...







No, non sono morto e non sono neanche fuggito in Nepal…. Sono stato semplicemente sempre in giro, sbattuto qua e là tra mille cose da fare, gli ultimi giorni mi son davvero volati. Triste giorno, i miei fratellini Ale e Stafano se ne sono appena andati, destinazione Italia. Fra una cinquantina di minuti ho un esame (ben quattro ore, scritto e orale), sondano il livello di cinese di noi studenti stranieri e ci piazzano in classi differenti per le lezioni di lingua che cominceranno fra qualche giorno. L’università ha in programma un giro alla Grande Muraglia, Tombe Ming e spettacolo in teatro, piscio tutto, già visto e rivisto. Giorni passati d’amore e d’anarchia, burocrazia iscrizioni banche polizia la mattina, palestra il pomeriggio, birra e strada la notte. Conosciuto parecchia nuova gente (la lista dei nomi nel cellulare avanza a dismisura), soprattutto italiani, e rivisto vecchi amici, soprattutto sovietici. Ianna Ale Stefano tre pazzi, ne han combinate di tutti i colori, stile di vita impresentabile, ubriachi dalle 2 di pomeriggio in poi, a nanna alle 5 di mattina, sveglia all’1 per ricominciare da capo, di Cina han visto solo i cessi dei ristoranti dove andavano a vomitare. E a spaccare sedie. Perché c’é anche uscito un guaio (colpa di una bottiglia di Borghetti portato dall’Italia e di qualche barile di vodka), un ristorante russo, crolla una sedia in circostanze sospette, si sfiora la rissa con padroni e manovalanza, poi arriva la polizia e Ale che firma il verbale con un bel “sei solo uno stronzo”. Che volete che sia. E’ la nuova Cina e la vecchia Macerata. Pechino irriconoscibile giorno dopo giorno, tutto nuovo, tutto bello, tutto in costruzione, servizi che si creano e prezzi che lievitano, luci brillantini colori, palazzi che salgono verso il cielo e operai che cadono giu' dal ventesimo piano, nuovi ricchi e nuova borghesia, nuove leggi e nuovi controlli, nuovi giovani, boom di omosessuali piercing vestiti di marca, poi i quartieri a luci rosse, discoteche, occidentali di tutte le età, come buttar via soldi, mi chiedo solo che fine abbiano fatto tutti quei barboni e mendicanti che ricordo ben bene, me lo chiedo ed ho uno strano presentimento. Pioggia artificiale, traffico ed inquinamento gratuiti, taxi come formiche, hotel stralusso e ristoranti di straclasse, Pechino a me sembra Los Angeles, forse mi sbaglio ma sarebbe ora di andare in cerca di altre Cine, forse in Birmania o magari in Bolivia, intanto ho un anno di studio e ho tempo per pensarci.
Ieri sera abbiam dato un orgoglioso saluto a quest’ultimo mese di viaggio e fantasia, io Ale Stefano Ianna Yu e Lavinia per le strade del capitalismo cinese a suonare di chitarra e bere di vino, filmare il tutto e mostrarvelo presto su YouTube. Abbiam fatto le ultime foto e terminato la canzoncina del trip dal titolo “Tanto è tranqua”, anche questa presto la pubblicherò nel blog.
Le ultime parole le dedico alla moto di Ianna, quella che senza patenti permessi o caschi vari ho cavalcato stamattina per le vie di Pechino nel bel mezzo del traffico cittadino con la giapponese alla spalle. E’ una cosa da pazzi, roba da andarci in galera o in obitorio, ma cazzo quanto ne vale la pena, un orgasmo indescrivibile. Il mio personal trainer ci sa proprio fare, ha quattro palle e venti vite almeno.Vado a dare l'esame. In ciabatte. E moto.

Foto: mostre d'arte, mercati dell'antiquariato e attimi di follia