Sunday, February 28, 2010

Non ero mai stato in un canile


A Macerata c’era (ignoro se ci sia tuttora) un canile vicino allo stadio. Quando studiavo a Roma andammo a prendere un cucciolo in un canile fuori porta, ma la burocrazia era troppa e non entrammo neanche.

Qui a Wuhan ho un’amica cinese, Ying Xing, che nel weekend lavora come volontaria in un canile fuori città. Dopo mezz’ora di bus sgangherato stracarico di fumanti contadini e sacchi di verza varia, eccoci in un fangoso villaggio dove un anziano in motoretta ci accompagna nel suddetto canile.

Mi aspettavo un megascantinato con una masnada di cani inferociti e spelacchiati, invece mi ritrovo in quel che resta di un mini casolare. Casolare con guardiano dei cani e insegne del governo. Il guardiano ci saluta, ci invita in un magazzino dove invita a cambiarci gli abiti. Ying Xing è alta centodue centimetri, prende un giaccone rosso che la intuba da testa a piedi. Io guardo il guardiano che guarda me, mi dà un paio di guanti e un piumone che ricopre a malapena la parte superiore del mio corpo.

Il puzzo è forte, ma non insostenibile. Ci apprestiamo ad entrare in una stanza simile ad una mangiatoia per maiali e noto subito altri due giovani volontari. Arriva forte l’abbaiare di cani e il puzzo di cacca. Ying Xing apre un cancello che dà su uno spazio dove i cani giocano nella libertà che si può avere fra quattro mura. Io la seguo. Una delle volontarie fa notare a Ying Xing che “il tuo amico non si è cambiato i pantaloni”. Ying Xing non sente, ma io sì e capisco di aver fatto una cazzata. Ma ormai è troppo tardi. Nello spiazzo un centinaio di cani ci saltano addosso in festa, in trentadue centesimi di secondo netti i miei pantaloni e le scarpe son da buttare. Allegria.

I cani non sono poi così feroci come credevo. E neanche troppo malmessi. Certo, c’è quello senza un occhio, quello pelle e ossa, quello con la zampa fasciata e quello senza zampa, quello con un tumore che gli gonfia la lingua e quello che non si muove. Ma in generale son ben messi. Nonostante il fango il luogo sembra abbastanza “pulito”. Gli altri volontari giocano con i cani, maneggiano cose e portano via la cacca dei cani. Ying Xing torna con un paio di forbici e mi chiede se ho mai tagliato i capelli ad un cane. “Che io ricordi no”. Anche stavolta troppo tardi, forbici in mano, lei tiene fermi i cani e io mi improvviso parrucchiere veterinario. Taglia che ti taglia, i cani ci prendono in simpatia e non ci assalgono più, solo si azzannano tra di loro di tanto in tanto.

Mi intendo zero di cani, ma direi che sono quasi tutti pechinesi, qualche bastardino e qualche razza di taglia più grande, tra cui due bellissimi esemplari di, come cazzo si chiamano, Aski mi sembra. Occhi color gelo e pelo neve-nero.

Nel frattempo arrivano altri due volontari e dopo un paio d’ore di gioco e taglio capelli, io e Ying Xing usciamo per una pausa. Vediamo arrivare altre due ragazze volontarie e un intero furgoncino di studenti. Per oggi, Yuanxiao Jie (o Festa delle Lanterne), hanno organizzato un’attività nel canile, pranzano col guardiano e giocano con i cani. Ci offrono un paio di panini e invitano a far pranzo con loro. Ying Xing preferisce fare una passeggiata in campagna e prendere la via di casa. E io la seguo.

Nel bus di ritorno per Wuhan il più sporco e infangato ero io. I contadini in confronto erano vestiti da cena di gala.
Non ero mai stato in un canile.

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