Friday, May 20, 2011

Video-conferenza

E' la prima volta che mi invitano ad una video-conferenza. In un piccolo paese in provincia di Fermo, nelle colline marchigiane di Monte Urano, il progetto culturale “Anima Mundi” ha organizzato un piccolo incontro in tema di Cina e integrazione. L'integrazione dei cinesi in Italia e degli italiani in Cina. Sono stato invitato a parlare di questo secondo aspetto.
Presenti al teatro erano il dottor Marco Wong, il giovane sinologo Luca Vantaggiato, lo storico Gabriele Tarsetti, più alcuni insegnanti e la presentatrice Donatella Mandolesi. L'incontro è iniziato alle 10 di sera, quando a Pechino erano le quattro di mattina e cominciava ad albeggiare. Ho seguito con interesse gli interventi di Wong, Vantaggiato e Tarsetti. Quando è arrivato il mio turno, mi sono limitato a condividere la mia esperienza di studente italiano in Cina, descrivendo a grandi linee le realtà della variegata comunità italiana in Cina. Spiegando un po' che i cinesi che trovate in Italia non hanno molto a che vedere con quelli presenti qua, così come gli italiani di Pechino, Shanghai o Canton non sono proprio come quelli in Italia: è la vita dell'espatriato, più libertina, meno rispettosa, più fuori dagli schemi, dove tendono a venir fuori più gli aspetti negativi di una persona (e quindi della comunità che, volente o nolente, rappresenta). Ho raccontato dell'ospitalità e dell'affetto che ho ricevuto negli scorsi sette anni dai cinesi un po' ovunque nel loro territorio nazionale, cercando di illustrare una Cina un po' diversa da come la conosciamo noi in Italia. In dieci minuti non puoi certo raccontare molto, ma ho cercato di fare del mio meglio. Finito l'intervento, mi hanno ringraziato dal teatro e la parola è passata ad una giovane studentessa di Pechino che ha studiato all'Università di Pesaro e che vive attualmente in Italia.

Questo è successo ieri notte. Ora invece stavo ripensando ai contenuti della conferenza. E trovo il mio intervento un po' inutile, scontato, debole. Le zone di campagna tra il maceratere e il fermano sono piene di piccoli e medi imprenditori che si occupano di calzature e abbigliamento. Mi rendo conto che a loro di come sia la mia vita in Cina o di come siano “buoni, bravi e belli” i cinesi a Pechino non possa fregare di meno. A loro interessa che i cinesi non invadano le loro zone, producendo in nero scarpe nei laboratori clandestini dove si lavora per 48 ore al giorno, per rivendere sul mercato calzature ad un costo che è la metà di quello offerto da un imprenditore fermano. A loro non interessa sapere se i cinesi siano persone oneste o meno, a loro interessa solo che i cinesi non affollino l'impresa calzaturiera locale e che soprattutto lavorino in regola pagando le tasse e non diventando troppo competitivi con l'impresa del posto.

Vero che il dovere di un sinologo è quello di creare ponti culturali tra i due paesi, compensando e correggendo il tiro di una stampa spesso faziosa e superficiale. Ma è vero anche che di tanti discorsi interculturali un imprenditore ne fa volentieri a meno.

E allora cosa serve un sinologo? Ai posteri l'ardua sentenza.

Ringrazio Donatella e Luca per l'invito e l'opportunità per uno scambio di idee.

1 Comments:

At 1:52 AM, Blogger Massaccesi Daniele said...

http://sfoglia.corriereadriatico.it/Articolo?aId=1161510

 

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