Thursday, June 30, 2011

La paura fa 90... 第90周年:还是革命无罪,造反有理

Domani primo luglio ricorre il novantesimo anniversario dalla fondazione del Partito comunista cinese. La data del primo luglio è di convenienza, perché (come ricorda un recente post di cineresie.info) Mao e gli altri membri fondatori non si ricordavano bene il giorno preciso dell'incontro per la fondazione del PCC.
Date a parte, il PCC ha molto in comune col Partito comunista italiano: PCC e PCI sono stati entrambi fondati nel 1921, entrambi in città di mare (Shanghai e Livorno rispettivamente).

In Cina in questi giorni strade, piazze, giornali ed edifici si colorano di rosso. In Piazza Tian'anmen, proprio di fronte alla Città Proibita e al faccione di Mao, hanno eretto una imponente sagoma circolare rossa con falce e martello, circondata di fiori. Col cielo grigio e lo smog di ieri, Tian'anmen sembrava Pyongyang.

Più che il tempo di celebrare il PCC mi sembra il tempo per celebrare i rivoluzionari. Giovani cinesi (intellettuali, contadini, operai) che negli anni venti, trenta e quaranta hanno rovesciato un sistema feudale millenario, cacciato via a calci nel culo gli imperialisti giapponesi e occidentali, sconfitto i nazionalisti di Chiang Kai-shek e instaurato il più grande esperimento socialista che la storia dell'uomo ricordi. Erano socialisti, marxisti, anarchici, sindacalisti. Erano rivoluzionari di professione.

Ma "la rivoluzione non è una cena di gala" e oggi il PCC si chiama Partito capitalista cinese. Aspettando che qualche giovane rivoluzionario torni a "bombardare il quartier generale!", facciamo gli auguri a questi novanta anni di veneranda età.

"La barca ha il timone, la rivoluzione il presidente Mao", recitava uno slogan durante la Rivoluzione culturale. Avanti presidente, fino alla vittoria sempre!

Wednesday, June 29, 2011

Di libertà sessuale si muore...

"在1983年「严打」期間,一个王姓女子因与10多名男子发生性关系而以流氓罪被判处死刑。面对死刑判决,这王姓女子平静地说了这么一段话:「性自由是我选择的一种生活方式,我的这种行为现在也许是超前的,但20年以后人们就不会这样看了。"

Nel 1983 in Cina venne condannata a morte una donna per aver fatto sesso con più di dieci uomini. Alla lettura della sentenza la donna disse "La libertà sessuale è uno stile di vita che scelgo. Forse oggi questa mia azione è in anticipo sui tempi, ma fra vent'anni non sarà più così".

Scuola libera e gratuita

"Luc Cedelle, giornalista e com­ mentatore scolastico del Monde, da tempo tiene un blog, Interro écrite. Di recente ha riproposto in modo molto concreto la questione delle parole d’ordine che si agitano intorno alle scuole. “Individualizzare i percorsi formativi”, “serietà e rigore”: volete una scuola che risponda a queste parole? Chi mai direbbe di no? Rischia di apparire un rompiscatole chi alza la mano per dire: un momento, fatemi capire quale pratica precede queste pa­role e da esse si sviluppa. Ma le parole valgono solo in rapporto alla pratica che le accompagna e segue. Dinanzi a un oggetto complicato come le scuole di paesi moderni non ci si deve stancare di diffidare di annunci e parole d’ordine senza vedere che ne è nella prassi. Cedelle cita un intervento di Véronique Decker, per molti anni insegnante nelle scuole dell’infanzia e primarie, ora dirigente scolastica, ben nota anche per la sua tenace militanza educativa. Cedelle ne ri­porta le parole (ma possono anche ascoltarsi in rete). Saperi minimi, valutazione delle competenze, tempo di studio sostenibile: “Dietro c’era il senso delle nostre azioni: costruire una scuola pubblica, gratuita, sola capace di portare al progresso generale per tutti e non solo alla riuscita di alcuni a scapito degli altri”. Ora, dice Decker, “queste parole, le nostre parole, il capitalismo liberista debordante cerca di appropriarsene e le trasforma in idre ripugnanti”."


Tullio de Mauro, su Internazionale del 17 giugno

Tuesday, June 28, 2011

Per Simone. E per lei.

“Porca puttana. Finire col perdere la testa per una che di mestiere fa la puttana. Sadomaso, oltretutto. Il suo telefono squillare in continuazione e il mantra “Scappo. Mi aspetta un cliente”. Vederla tornare che ha ancora voglia. La borsetta piena di banconote. E tu neanche i soldi per il taxi. Pagarti bistecche nei ristoranti dove mai avevi messo piede prima. Mica lo faccio per me. Me ne frego delle bistecche. È che provo tenerezza a vederla affondare i denti nella carne e riempirsi di grasso il rossetto di marca. Non parlo mentre lei mangia. La osservo. Al massimo fumo. “Racconta qualcosa” mormora tra un morso e l'altro. Cosa vuoi che ti racconti, sei così bella. “Raccontami qualcosa tu”. Uno sbaglio. Me ne sbatto di sentire dei regali che le fanno i clienti. “Andiamo a bere un bicchiere?”, ci provo ogni sera. “Sono stanca. Andiamo in hotel”. Quale? Penso io. In sette giorni che ti conosco ne avrai cambiati almeno quattro. Quando torniamo in stanza il garzone al piano terra mi saluta con un inchino. A volte mi sento io la sua puttana. Ma non riesco a togliermela di mente.
Rimpiango i tempi in cui mi svegliavo sfatto sul letto della piccola Elizabeth. Il mio corpo appiccicoso, anche d'inverno, con le sue gambe ancora infilate addosso. Me la scollo di dosso, poggio i piedi sul pavimento, la testa pesante e la voglia di vomitare. Lei apre gli occhi e resta immobile, a fissarmi. “E va bene” di solito era così “raccontami che cazzo ho combinato ieri sera”. Lei richiudeva gli occhi e si voltava dall'altra parte, visibilmente incazzata. “Beh, almeno sono finito nel tuo letto e non in quello di qualcunaltra!”. Ingrata.
Mi alzavo in piedi, alla ricerca di qualcosa di ghiacciato da bere. E di un Dio da bestemmiare.”

Martin Wolfgang Tracy

Monday, June 27, 2011

Sparò ad Andy Warhol

Ci era arrivata questa e-mail. Alla quale, come spesso succede, non prestai molta attenzione.

"Spett.le Redazione culturale,
Vi informiamo dell’uscita del seguente libro:

Valerie Solanas
S.C.U.M. Manifesto per l’eliminazione del maschio

isbn 978-88-97011-02-6
pp. 72, euro 11,00

Libro: «In questa società la vita, nel migliore dei casi, è una noia sconfinata e nulla riguarda le donne: dunque, alle donne responsabili, civilmente impegnate e in cerca di emozioni sconvolgenti, non resta che rovesciare il governo, eliminare il sistema monetario, istituire l’automazione globale e distruggere il sesso maschile.»

Autore: Valerie Solanas (1936-1988). Vagabonda, accattona, prostituta, eterosessuale, omosessuale, nemica dichiarata degli uomini, superfemminista e rivoluzionaria.

Qualora foste interessati ad una recensione contattateci pure."


Oggi invece ho appena finito di vedere il film "Ho sparato a Andy Warhol", di Mary Harron. Non ho letto il manifesto, ma credo ne valga la pena.

"Questi ragazzi sono molto simili ai film di Walt Disney. A parte il fatto che, appartenendo alla nuova generazione, prendono droghe e fanno sesso"
(citazione dal film)

Tempo di addii

Tempo di addii. Arrivano sempre, al termine di ogni anno accademico, fine giugno su per giù.
E stavolta tocca anche a me. Non so ancora come sto, rifiuto di chiedermelo.
Per fortuna sono pieno di cose da preparare, amici da salutare e recenti conoscenze da coltivare. E' fantastico, in questi casi, quando non hai tempo per pensare.

E oggi, in uno di quelli che sarà uno degli ultimi giri tra gli uffici dell'università, perso tra file di studenti e carte di burocrazia, ho deciso di non voler più essere un numero.
Rivendico il mio status di essere umano, non di numero o pezzo di carta. Voglio lasciare la Cina e cercare una dimensione umana, adatta alla mia natura, non a quella dei numeri. Poco importa dove. Sono davvero stanco di essere un numero.

La burocrazia è opera del demonio, deve pur aver detto qualcuno...

C'era chi se ne fregava

"Tutti dicono che il carcere è sofferenza,
Io al contrario me ne sto qui seduto e sono felice.
Ho cibo gratuito con cui mi riempiono la pancia,
Ho vestiti gratuiti che mi coprono a sufficienza."

Shi Yang (1889-1923), avvocato e rivoluzionario cinese


da Cineresie
http://www.cineresie.info/i-novantanni-del-partito-gli-ultimi-giorni-di-shi-yang-avvocato-daltri-tempi/

Call for papers: The Criminalization of Protest

Dear Colleagues,

We have received some excellent abstracts in response to the call for papers below, but we are still looking for contributions on Global South.

Please get in touch with us if you would like to contribute to this volume on the following regions/countries (or if you have a suggestion as to who might be able to contribute):

1. Latin American countries
2. African countries
3. South/South-East Asian countries


Here is the original Call for Papers:
Edited volume The Criminalization of Protest: Using ‘Terrorism’ to Eliminate Dissent

We (a collective of anti-authoritarian academics) are compiling an edited volume on how (anti-) terrorism discourse, legislation and practices are used to criminalize social movements and eliminate protest. The aim of this book is to challenge these processes. However, we aim to do so without re-labelling ‘terrorism’ as something state-based or state-led and without appealing to the values of liberal democracy. Instead the approach is to defy the contemporary discourses of (anti-) terrorism as such and to expose the mechanisms of repression which exploit images, political myths and labels of terrorism and extremism. We are looking for articles that provide strong empirical analysis of the consequences of the use of (anti-)terrorism/(anti-)extremism discourse, legislation and practices specifically in terms of their effects on social struggles, protest, and resistance.

We would like to explore the methods of ideological and practical elimination of ‘the politically unwanted’ used by the state and corporations. We would like to raise the following questions: How is a new security paradigm used for the ‘neutralization’ of protest groups and movements? How does protest become a ‘security threat’? What are the techniques of the production of the protester as the ‘dangerous other’ – a criminal, an extremist, a terrorist? Our interest is in a range of issues such as the use of pre-emptive measures, introduction of new ‘crimes’ such as ‘aiding and abetting’, ‘conspiracy’, ‘support’, ‘inducement’, ‘incitement’, ‘justification’, ‘propaganda’ of terrorism, ‘terrorist intentions’; creation of ‘extremists databases’, introduction of the state of emergency, as well as legitimization of these laws and measures. On the practical level, our focus is on activities of various ‘domestic anti-extremist / anti-terrorist units’ and tactics of policing protest.
Preferably, articles examining how contemporary struggles are being labelled as ‘terrorism’ or ‘extremism’ will do so in historical perspective. We especially welcome articles that analyse the situation in the Global South but articles focussed on Europe and northern America are very welcome.

Abstracts (1 page, 1.5 spacing, ~350 words) to be submitted to radicalbook(at)riseup.net

Friday, June 24, 2011

Party on!!

Dears,

finally the rain is refreshing a bit this city and will guarantee us a nice sunny weekend!

Here the best proposal to celebrate it on Saturday!

It´s simple: 14 bands, roasted lamb, outdoor picnic during the afternoon, indoor madness at night... and it´s all FREEEEEEE. I expect this little celebration that yours truly is throwing to be one hell of a memorable party and we´ll be leaving when the cows come back/leave home, whatever is more appropriate. Starts at 15:00h!

http://beijingdaze.com/dazefeast/

Hope to see you there!!!!

Conferenza Sex Studies: epilogo

"quindi normalmente sono uscito
dopo una settimana,
non era tanto freddo
e normalmente ho incontrato una puttana"

Lucio Dalla

Thursday, June 23, 2011

Conferenze di studi sessuali e attivismo di genere (prima parte)

Appunti dal “Terzo forum internazionale sulla ricerca in tema di sessualità in Cina”, organizzato dal dipartimento di Sex Studies della Renmin University, a Pechino.

Titolo dei tre giorni di forum “Diritti e pluralità”, una settantina di interventi, i gruppi tematici sono stati (liberamente tradotti dal cinese): espressione del diritto alla sessualità, plurisessualità, cultura queer, sessualità e salute, mondo lesbo, psicologia sessuale e di genere, sessualità e lavoro, legge e sessualità, rapporti sessuali, sessualità e media, educazione sessuale, sessualità e letteratura, donne e amore sessuale, pluri-mascolinitià, sessualità e sviluppo economico, politica sessuale.

Alcune delle persone che espongono hanno un profilo accademico estremamente basso. Il fine di questo forum internazionale biennale è infatti l'incontro tra docenti, ricercatori, attivisti e società civile interessata e/o legata al mondo della sessualità in Cina. Il contenuto è decisamente sensibile in un paese come la Repubblica Popolare, e penso che sia già un miracolo la realizzazione di un evento del genere in una università come la Renmin. Di fatto, la conferenza è per nulla pubblicizzata ed il pubblico è presente perché invitato direttamente dagli organizzatori.

Il procedimento di ricerca sembra sempre lo stesso: un team di studiosi si sceglie un tema, si documenta, si pone delle domande e butta giù un progetto di indagine per dare ipotesi di parziale risposta alle domande poste.
Un grosso problema che avverto da tempo alle conferenze, accademiche e non, è la velocità delle presentazioni, che è a mio avviso troppo elevata: si danno categoricamente solo quindici minuti di tempo agli studiosi per esporre lavoro e risultati. Per questo, chi espone va fastidiosamente di corsa, mangiandosi le parole e facendo scorrere una appresso all'altra le varie diapositive, negando ai presenti il tempo per leggere. Risultato: al termine dei quindici minuti il pubblico ha capito a mala pena quale sia il tema trattato dallo studioso. Un bel casino.
Per non contare poi l'influenza che questo ha nella sessione delle domande e risposte.

Molti dei temi trattati sono legati al problema dell'HIV e dell'AIDS, ma anche alle altre malattie sessuali, provinicia per provincia e secondo categorie e gruppi sociali differenti. La disparità di genere tra maschi e femmine in Cina, che se non diminuirà a breve costringerà migliaia di uomini a non avere una partner. C'è poi la parte più attivista (ma non per questo meno accademica) di gay e lesbiche, femministe e radicali, prostitute e trans che nel piatto non mettono solo ricerca ma una grande carica emotiva, morale ed estetica. E qui spesso i toni si fanno più alti, i nervi tesi, si alternano applausi a contestazioni.
Tanto per fare un esempio, un trans che lavora come prostituta a Shenzhen ha terminato il suo intervento così: “Non siamo gay e non siamo queer, non ci piace sentirci dare delle “donne” o degli “uomini”, abbiamo un pene e delle tette, questo è tutto. Sarete voi accademici a darci una definizione o ad inserirci in qualche categoria. Nel sesso non c'è niente di strano. Fai quello che ti piace e che ti senti di fare. In questo non c'è niente di strano”. Ovazione in sala.

Uno dei temi più originali e a mio avviso più interessanti è stato quello della prostituzione maschile in Cina. A sentire i racconti dettagliati di alcuni operatori dell'industria sessuale gay di Pechino ti rendi conto di quanto complicata e malata sia la macchina borghese del piacere in cambio di denaro. Tipo il sesso on-line a pagamento (es.: masturbazione di fronte ad una webcam durante una chat). E il rapporto che gli operatori del sesso gay a pagamento hanno con la polizia e l'autorità in generale. Grande confusione.

Conferenze di studi sessuali e attivismo di genere (seconda parte)

Dopo il report di due attiviste che studiano la prostituzione femminile con prospettiva femminista (ovvero focalizzando sullo sfruttamento, maltrattamenti e abusi subiti dalle donne, e lottando per il riconoscimento della prostituzione come professione), un ragazza dal pubblico ha accusato: “Io faccio la puttana di mestiere. A volte i clienti sono giovani e fighi, mi fanno godere e mi chiedo se debba essere io a pagare loro e non il contrario. Il mestiere di puttana è bello e piacevole, le prostitute che intervistate voi sono delle infelici o vittime di sfruttamento, casi limitati”.
La considerazione non è del tutto fuori luogo. Ogni mestiere ha aspetti più piacevoli e altri meno, magari fare sesso per mestiere (ovvero guadagnare godendo) è uno dei migliori lavori, ma che succede se i clienti sono in gran parte vecchi puzzolenti senza soldi né denti!? E al di là del piacere sessuale, vogliamo considerare la condanna sociale, morale e mediatica che un mestiere come quello di prostituta è costretto a subire!?

Uno studente dell'Università di Legge e Politica ha riportato un'interessante domanda di un suo professore: i lavoratori migranti in Cina ancora non si sono organizzati, perché mai dovrebbero farlo le comunità gay, trans, lesbo e bisessuali? Una provocazione che, come spesso succede in Cina, gioca con i numeri. Non sapevo inoltre che in Cina fosse vietata la pubblicità di profilattici in televisione. E che anche per lo stupro è prevista la pena di morte.

Altro argomento secondo me fondamentale è quello dell'educazione sessuale. Si insegna sessualità nelle scuole? Come? Con che fine?
Un docente di Harbin ha chiesto al pubblico: “Pensate che la Cina abbia un'educazione sessuale nelle scuole? Certamente no!”. Il motivo è chiaro: a suo modo di vedere, anche l'educazione sessuale è uno strumento di controllo nelle mani del Partito, un mezzo per dettare la linea morale di una condatta sessuale idonea ad una società socialista ed utile per mantere potere, legittimità e status quo.
Alla domanda di una ricercatrice straniera “Come gli operatori del sesso possono contribuire all'educazione sessuale nella società?” una ex prostituta in pensione ha risposto: “Do molti consigli ai miei ex clienti su come avere una vita sessuale migliore con le mogli e alle donne su come meglio soddisfare i propri uomini”. Anche questa mi sembra un'ottima prospettiva, considerando che l'educazione sessuale è carente in Italia, figuriamoci nelle società estremo orientali di cultura confuciana.

Altro tema, la commercializzazione del corpo. Non nel senso classico di prostituzione “soldi in cambio di sesso frugale” ma le nuove culture dell'immagine, l'industria dei centri benessere e di estetica, le diete per conformarsi ad un modello di bellezza ed apprezzamento sociale dettato da una modernità che non riposa mai. Quanto e come questi nuovi modelli modifichino il corpo della popolazione e quanto questo sia una forma di commercializzazione non molto diversa dalla più classica prostituzione.

Attenzione ovviamente anche sulla rivoluzione sessuale in atto in Cina da anni, anzi, da decenni. Le statistiche parlano chiaro, l'attività sessuale (in senso lato) nella Repubblica Popolare è in incremento un po' in tutte le sue forme. Molti pregiudizi, barriere e posizioni conservatrici lasciano il posto alla modernità anche in ambito sessuale. Usando le parole di uno studente, “i cinesi cominciano a capire che non c'è niente di male o di sbagliato nell'azione sessuale consensuale”.

Conferenze di studi sessuali e attivismo di genere (terza parte)

Alla conferenza di due anni fa, lo spettacolo spettò ad un sadomaoschista del nord est cinese. Stavolta invece è toccato ad una giovane prostituta (si autodefinisce artista del sesso e attrice) della Cina meridionale. Si è presentata in vestito di pelle nera, catene e parrucca verde, dando uan breve lettura sul feticismo nel sesso, dando lunghe disquizioni filosofiche sulle feci umane, paragando il denaro alla merda e viceversa, mostrando immagini di coprofagia e altre storie che solitamente vanno sotto la generale definizione di “perversioni” ed “esibizionismo”. Io mi sono comunque divertito e devo ammettere che la giovane operatrice del sesso ha un fascino tutto suo.
Quando alla fine del suo intervento ha fatto “Ora vi mostra un video di un minuto” la gente ha letteralmente tremato; è andata bene, il video mostrava solamente lei mentre pisciava nuda in piedi.
E poi spazio ad altre prostitute di entrambi i sessi, giovani gay e operatori del sesso che hanno condiviso con il pubblico (non pagante) le loro esperienze di prostituzione e le fughe dalla polizia. Estremamente interessante, non capita tutti i giorni di avere un dialogo aperto e gratuito con queste persone in Cina. Appalusi e grasse risate.

Rapporto tra economia e sessualità. Come la classe o più in generale lo strato sociale ed economico influenzano le scelte sessuali. Tanto per fare un esempio, e perdonate la superficialità, “Sono povero allora mi prostitutisco” o “Sono ricco allora posso permettermi di cambiare sesso”. Questo aspetto è secondo me stato trattato troppo poco, pur essendo di grande importanza. Forse non a caso. È stato infatti uno dei temi che più ha creato dibattito e ressa tra il pubblico, specie tra i trans e le prostitute presenti in sala, che non ci stavano a farsi dare (indirettamente) delle squallide borghesi o delle morte di fame rispettivamente.

Una docente di Taiwan ha dato una breve lettura sul rapporto tra linguaggio scurrile o lessico degli insulti e il mondo omosessuale e delle operatrici del sesso. Niente di originale e sconvolgente, ma forse proprio per questo la domanda che sorge spontanea è: “Quando cambieremo questo?!”. Beh, in Italia qualche progresso l'abbiamo fatto. Se ieri dare del mafioso o del corrotto era un'offesa, oggi è motivo di vanto, utile alla carriera professionale. Chissà, magari fra qualche tempo anche dare della “puttana” o del “puttaniere” avrà i suoi aspetti positivi.

Solo nell'ultima sessione del forum è stato dato spazio ad esperti internazionali, con contributi da Canada, Ghana, Filippine ed India. Due anni fa la partecipazione di studiosi stranieri era stata di gran lunga maggiore.

Oltre ai temi strettamente legati alla sessualità si è molto discusso anche di tutti gli aspetti e i fenomeni sociali, economici, culturali e politici che intorno ad essa girano: globalizzazione, libertà, individualismo, postmodernismo, etnie “minori”, femminismo e molti altri strumenti di analisi, prospettive ed argomenti cari agli appassionati delle scienze sociali. Come dicevo prima, non sempre il profilo accademico è stato all'altezza di un forum in università, ma questo è sicuramente servito a non far sentire troppo fuori luogo o alienati tutti quelli che, pur non avendo nulla a che fare col mondo intellettuale e accademico, hanno importantissime testimonianze ed esperienze di vita relative alla sessualità da condividere con gli altri.

La celebre sessuologa Li Yinhe, la giovane etnografa Huang Yingying e il prof. Pan Suiming, organizzatore del forum e accademico che più rispetto in assoluto, hanno chiuso le tre giornate di confronto. Durante la sua lunga lettura, il prof. Pan ha mostrato al pubblico un'immagine che rappresentava una banconota da 100 renminbi (10 euro circa, il taglio più alto nella valuta cinese) con una mega figa al posto del faccione di Mao. E sopra una scritta: “Aspettando il giorno in cui...”. Altra ovazione in aula.

Che dire, se dovessi buttare giù un progetto di ricerca per un dottorato in studi sessuali penserei a qualcosa sul rapporto tra classe sociale e vita sessuale nella Cina contemporanea. Così, tanto perché mi è sembrato che i poveri vecchi Marx e Weber siano stati lasciati un po' da parte in questi tre giorni di forum internazionale.

E con questo passo e chiudo. Viva Foucault!

“人类的爱,动物的性”

Wednesday, June 22, 2011

Squatting Japan (7): considerazioni finali.

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.


Alla luce di questo breve diario di viaggio on the road tra Osaka, Kyoto, Nara e Sakurai, che dire del Giappone?

Che, per fortuna, si è rivelato molto molto diverso da come me lo aspettavo. In positivo, però. Ovviamente non so quanto l'area di Osaka sia rappresentativa del Giappone. E tutti mi dicono che Tokyo e Yokohama siano completamente diverse. Ma dopo anni di Cina, di confusione, inquinamento, masse scomposte di persone ovunque, è stato un vero piacere scoprire questo stranissimo Giappone: rilassato, semplice, pieno di dignità e cura per la sua cultura tradizionale. Dalla lotta di classe degli anarchici dei sobborghi di Osaka alle campagne di Sakurai dove il tempo non passa mai, passando per i templi e gli studenti di Kyoto, ho trovato un paese che ha saputo meglio di molte altre nazioni occidentali ed asiatiche combinare modernità e cultura tradizionale.

Ottimo il cibo, per chi ama il pesce. Ottimo anche il saké, per chi ama bere. Gomitoli impensabili di linee metropolitane e ferroviarie dove si incrociano senza sosta treni e pendolari. I costi della vita non sono troppo elevati, non rispetto all'Italia almeno. Se però andate in Giappone in viaggio cercate di portarvi un amico che parli il giapponese. L'inglese non va di moda tra quelle isole. Per fortuna.

Venendo dalla Cina forse non rimarrete stupefatti dai templi. Quello che lascia però estasiati è la collocazione di questi templi, persi in giardini e parchi verdissimi di fresca vegetazione e bonsai ovunque. Di turisti non ne ho visti molti in giro. E neanche di stranieri. Niente, se paragoniamo Osaka, Kyoto o Nara a Roma o a Pechino. Città decisamente più a misura d'uomo, queste che ho visitato nel Giappone meridionale. Della campagna non ho molto da aggiungere: semplicemente perfetta, da vivere e da ammirare.

Più che perdermi in stupide dicotomie “Giappone bello / Giappone brutto” chiudo dicendo che mi piacerebbe particolarmente fermarmi qualche mese là. Sia per viaggio che per ricerca. Da sinologo, ho trovato moltissimo di Cina a Osaka, Kyoto e Nara. E moltissimo di Giappone a Pechino. La comparazione culturale tra Cina, Giappone e Corea è qualcosa che dovrebbe attirare le nostre attenzioni. A cominciare dalla lingua per finire con la società contemporanea di questi tre paesi estremo orientali. Dispiace non aver avuto modo, in questi anni di Cina, di visitare anche solo per qualche giorno la Corea del Sud. Mi consolo con il ricordo delle mie giornate a Pyongyang.

E questo è tutto. Anche stavolta è andata come meglio non poteva. Un piacevole ricordo e un abbraccio virtuale agli anarchici di Osaka, in particolare a RJ, agli studenti di Kyoto, a Yuki, alla bravissima mamma Miko e ai suoi adorabili Taku e Naka. Possiate crescere e vivere in un mondo migliore di quello che stiamo vivendo adesso. Senza frontiere né nucleare.


“A little drunker, perhaps, than usual”
Akiko Yosano

Squatting Japan (6): meno male le studentesse cinesi, i cerbiatti di Nara e le mamme di Sakurai

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.

Come detto sotto, il risveglio al dormitorio dell'università è stato dei peggiori. Dove aver scolato mezzo serbatoio d'acqua, sono rimasto in stato comatoso sul materanno fino all'ora di pranzo. Ho poi deciso che non valeva la pena rovinare la giornata così. Dopo un lauto pranzo al supermercato a base di sushi, sashimi, alghe e tramezzini, maledicendo saké e giapponesi che non parlano inglese, ho visitato un paio di musei e scattato foto qua e là.

La sera sono tornato al dormitorio, quasi disperato: impossibile trovare rete wireless libera, quasi impossibile trovare un internet point e il portatile scarico perché le prese della corrente sono diverse da quelli cinesi.

Frustato, mi sono seduto nel corridoio del dormitorio a fissare gli studenti giapponesi (che non parlano inglese, nb) giocare a carte e scolare birre. Poi, il miracolo: sento parlare cinese! Rincorro quella ragazzina che parla al telefono in mandarino perfetto e chiedo grazia. La giovane cinese si rivela di una cortesia e gentilezza che solo gli studenti stranieri a migliaia di chilometri da casa sanno darti. Impressionata dal fatto che anche un occidentale possa parlare cinese, prova a cercarmi un adattatore per ricaricare il portatile. Poi mi presenta altri studenti cinesi e sudamericani, coi quali facciamo serata ad una festa all'interno del dormitorio. Vino, chitarre, discussioni ed allegria fino a tarda notte. L'amabile cinesina mi propone di andare in camera sua. Why not!

Il giorno dopo saluto questa genialata di dormitorio e questa bellissima città che è Kyoto. Prossima tappa Nara, ad un'ora di treno. Nara è un'altra vecchia capitale giapponese. Molto meno modernizzata di Kyoto, mantiene un fascino antico, case basse, parchi enormi con tanto di templi e cerbiatti liberamente a spasso per il verde spazio. La pioggia non mi abbandona neanche qui, ma non per questo evito una lunga passeggiata per parchi e viuzze della città. Pranzo rigorosamente a base di pesce e rigorosamente al supermercato, una salto all'Università Nazionale delle Donne, seduto in riva ad un ruscello a fumare e rimirare le montagne all'orizzonte. A Nara non conosco nessuno, se non una ragazza madre di due bambini, conosciuta via internet (Couch Surfing), dove posso passare la notte.
Il messaggio dice “Presentati alle 7.30 alla stazione Sakurai, ti passo a prendere con la macchina”. Perfetto. Resta solo da capire come raggiungere Sakurai. Al centro informazioni turistiche il più giovane avrà sessant'anni. Ma almeno parla inglese. “Sakurai? Ah sì!”. E tira fuori una cartina. Del Giappone. Puttana Eva! Sakurai sta a decine di chilometri da Nara, un'ora di treno almeno e tre cambi. Alternative? Non molte. E comunque una notte in campagna a casa di una famiglia giapponese la passo volentieri.

Un paio di ore dopo arrivo alla stazione di Sakurai. Piccola cittadina, circondata, ancora una volta, da verdi colline, case basse e templi qua e là. Il paradiso continua. Gironzolo per la cittadina, la pioggia non molla, e io non mollo le mie disquisizioni filosofico-esistenziali sui miei anni a Pechino e sul viaggio come strada da percorrere per la vita. Un sacco di cazzate insomma. Mi siedo sotto un porticato a leggere delle poesie della scrittrice femminista Akiko Yosano ed un articolo di Dirlik sulla nascita dell'anarchismo in Cina. Il tempo qui non passa mai. Vivendo a Pechino, ti manca il tempo che non passa mai.

Alle 7.30 Miko (la giovane mamma) viene davvero a prendermi alla stazione. La fortuna sorride a chi è zuppo di pioggia e di poesia. Salgo in macchina e noto i due adorabilissimi bambini nel sedile posteriore, Taku e Naka, di due e sette anni rispettivamente. Miko ha vissuto a Shanghai e in Australia e parla molto bene l'inglese. Inglese che ha imparato anche ai figli. E mi chiede cortesemente di parlare in inglese con loro.
La casa di Miko e famiglia è la casa ideale di ogni giovane coppia italiana: semplice, moderna, in legno, dotata di ogni servizio e in mezzo alla natura. Puzzo e faccio schifo, ma Miko mi sistema in sala a giocare con i figli. Il marito non è in casa e, anche a voler fare il progressista post-moderno, mi chiedo come mai una giovane mamma si porti in casa un perfetto sconosciuto maleodorante e con la barba lunga per giocare con i figli. Ma devo ammettere di essermi divertito come un cretino a fare il papà con questi minuscoli giapponesini. Macchinine, pupazzetti, costruzioni, puzzle, palla. E quel minimo di inglese per intendersi a vicenda. Ore 9.00 di sera, tempo di nanna per Taku e Nara. Io ne approfitto per una doccia. E per stendermi su un letto in carne ed ossa!

Poi scendo in salotto per fare due chiacchiere con Miko. Miko ha poco più di trent'anni, è semplice e graziosa. Fa la mamma di mestiere ed il marito pensa al resto. Mi dice che posso usare tutto quello che c'è in casa, mangiare dal frigo e usare internet. Grande Miko! Poi mi spiega che si è iscritta al social network di Couch Surfing per poter ospitare viaggiatori stranieri nella speranza di migliorare il livello d'inglese di Taku e Naka. Io penso che bambini così piccoli non dovrebbero avere una pressione del genere. Ma la mamma è lei. Infine si scusa e si ritira anche lei, domani ha una giornata molto piena. Io resto un'oretta in rete e poi finalmente nanna anche per me!
Il giorno dopo Miko mi sveglia alle 8.30. Accompagnerà Taku a scuola e darà uno strappo a me fino alla stazione. In macchina la ringrazio molto di tutto. E arrivati ai treni, mentre sto per scendere dall'auto mi fa “Appena te ne vai Taku si metterà a piangere”. “Se vuoi resto a fare il papà!”. No, scherzo, non le ho risposto così.
Ho preso il mio treno per Osaka, dove poche ore dopo mi aspettava il volo per Pechino.

Squatting Japan (5): sotto i ponti di Kyoto

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.


Kyoto è semplice. Antica capitale giapponese è famosa per la sua cultura tradizionale, i templi immersi nel verde, le donne che ancora vanno in giro “vestite da geisha” con tanto di sandali di legno. Come Pechino, è formata da un reticolato di strade che si intrecciano orizzontalmente e verticalmente. Ma, a differenza di Pechino, ha “solo” 1,5 milioni di abitanti e la città è relativamente piccola. Tanto che da ogni incrocio puoi vedere in ogni direzione le verdi montagne all'orizzonte, che circondano Kyoto. Un fiume la attraversa, il Kamo. Sotto i ponti del Kamo si vedono moltissime baracche di senza fissa dimora.

Arrivo alla stazione Sanjo (Kyoto nord-est) verso l'ora di pranzo. Da lì a piedi facilmente fino al dormitorio dell'università. E poi una lunga passeggiata, in solitaria e accompagnato da birre Sapporo da un euro e cinquanta. A Kyoto la prima sera ho preso una sbronza d'altri tempi, ma non me l'aspettavo: diciamo che non ho fatto apposta.
Pomeriggio per le viuzze ricche di templi immersi nelle verdi colline orientali, ruscelli, musei, turisti ma non troppi. In serata, estasiato dalla filosofia del momento ed inebriato dalle numerose lattine andate, mi sono fatto coraggio e ho deciso di dare un'occhiata al centro della città, area commerciale di banche, uffici e colletti bianchi. Ne ho viste di peggio. I grattacieli non sono neanche la metà di quelli di Pechino.

Telefono all'ennesima anarchica vegana giapponese di questo tour nipponico, ennesima amica di amici di amici. Ci diamo appuntamento per le nove sulle rive del Kamo. Finalmente qualcuno che parla inglese! Yuki è una ragazza di età indefinita (una trentina d'anni, credo) che fa un lavoro di merda per pagarsi l'indipendenza. Ha vissuto in California anni fa, ama Kyoto e le piace incontrare viaggiatori e attivisti internazionali. Lesbica dichiarata, è assai critica verso governo, nucleare e società tradizionale giapponese, mi ha parlato molto di un esperimento sociale che con altri compagni stanno portando avanti nell'appartamento in affitto dove vivono. Praticamente si prendono cura di una ragazzina di tredici anni che trattatano come una figlia; i genitori “naturali” l'hanno abbandonata dopo il divorzio, e ora cinque ragazzi e cinque ragazze (Yuki compresa) le fanno da papà e mamma. In questo modo, mi spiega, evitiamo di avere troppa pressione sociale, morale ed economica. E possiamo essere genitori pur essendo omosessuali. Discorso che, credo, non fa una piega.

Mentre chiacchiero allegramente con Yuki, mi scolo tre piccole bottigliette di saké, di quelle che si comprano per due lire al supermercato. Mi erano state consigliate dai barboni di Osaka. Vanno giù come l'acqua. Infatti poi quando mi sono alzato e ho salutato Yuki, mi sono reso conto di non reggermi in piedi. Chiamando a raduno tutte le mie forze e quel poco di orientamento che ho, mi sono strascinato fino all'Università di Kyoto. Entrato nel dormitorio, mi sono buttato sul primo materasso disponibile, non facendo caso ad alcuni studenti giapponesi che stavano giocando a carte. Mi alzo il mattino dopo intorno alle 6 in resacca totale, assetato e senza un grammo di forza.
Un pessimo risveglio. Vatti a fidare delle bottigliette di saké da un euro!

Tuesday, June 21, 2011

Squatting Japan (4): Kyoto, un centro sociale chiamato dormitorio studentesco

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.


Vi sto scrivendo da uno dei posti più fighi che abbia mai visto: il dormitorio Yoshida dell'Università di Kyoto. Più che un dormitorio per studenti, un centro sociale. Uno spazio autogestito, dove l'autonomia è l'unica parola d'ordine. Le foto che metterò a breve nel blog parlano più di ogni altra descrizione.
Mi è stato consigliato da Yuka, una ragazza giapponese conosciuta sempre tramite amici anarchici di anarchici amici. Si trova nella parte meridionale del campus, ed è una vecchia struttura in legno, fradicia e scricchiolante. Al suo interno decine di camere, stanze per lo studio, cucine, bagni, sale lettura, videogiochi, strumenti musicali e tanta tanta anarchia. Appena entrato non credevo ai miei occhi: ha davvero tutta l'apparenza di uno squat. E non solo l'apparenza. Incontro un ragazzo per il corridoio e gli spiego che vorrei passare la notte lì. Mi accompagna ad un altro ingresso e mi chiede di registrarmi: scrivere su un fogliaccio un nome a caso, un recapito telefonico e la cifra pagata. 3,5 euro per due notti. Praticamente gratis, considerando i prezzi degli ostelli giapponesi: 20 euro a notte.

Gasatissimo, lascio le mie cose in uno stanzone che è il disordine fatto camera da letto. A terra una ventina di materassi, vestiti, chitarre, libri e oggetti di uso quotidiano ovunque. Alcuni ragazzi stanno ronfiando sotto le coperte, altri studiano, altri mangiano, ma nessuno fa caso a me. Il dormitorio, così come il campus, non chiude mai. Nei corridoi e nelle stanze comuni è pieno di poster, fotografie e slogan politici. Il colore domina sovrano, ognuno sembra farsi i cazzi suoi nel più totale rispetto degli altri. La cosa buffa è che anche i perfetti sconosciuti come me possono poltronare qui. Ci sono anche studenti stranieri, soprattutto cinesi, coi quali faccio subito amicizia. C'è uno stanzone per le feste, con tanto di pianoforte, batteria ed altri strumenti musicali. Fuori dal dormitorio c'è un edifico dove studiano gli studenti di musica e belle arti. Gli studenti del campus spendono 25 euro al mese per dormire qui. Incredibile. Incredibile soprattutto la vita sociale al suo interno, 24 ore al giorno. Feste ogni sera, cucina perennemente piena di gente, un anziano barbone vive nel divano della cucina stessa. Tutta gente super cordiale, se non fosse per il solito problema di comunicazione in lingua inglese. Una studentessa cinese mi ha aiutato nella bisboccia serale coi colleghi giapponesi.

Davvero un posto da favola. Se mai tornerò a Kyoto saprò dove passare le notti.

Squatting Japan (3): Okinawa (nonostante tutto) resiste!

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.

La fastidiosa pioggia che ci sveglia a mattinata inoltrata non rovina il nostro ennesimo tour nei quartieri bassi della ricca Osaka. Stavolta tocca al porto della città, dove tra cantieri navali e fabbriche non meglio definite, c'è un piccolo quartiere di operai immigrati dalla città di Okinawa, isole Ryukyu. Isole e genti rivendicate dai cinesi, neanche gli okinawesi (o come minchia si dice) sono ben visti dai giapponesi “puro sangue”. Gironzoliamo per il quartiere e il mercato semi deserto, mentre RJ ci spiega la storia e la condizione attuale di questa area di lavoratori migranti.
Poco distante, attraversando il delta del fiume con un battello, troviamo un parco al cui interno alcuni senza fissa dimora hanno tirato su delle baracche di legno e plastica, dove un tempo abitava anche Vecchio Punk. Una di queste baracche è anche la sede del FWF, il sindacato anarchico. Mi fanno sistemare dentro, tra scarafaggi e testi di Marx, per ripararci dalla pioggia e scolare un paio di birre. Ci raggiunge Koji, un anziano freakkettone che fuma come un bolscevico e ci racconta delle sue avventure giovanili nelle comuni di hippies in India, Nepal e Giappone meridionale. Parliamo anche di nucleare, di inquinamento e di basi americane. Finita la piacevole discussione, saluto Koji con un affettuoso e ricambiato “Yankees go home! Yankees go home!”.

Raggiungiamo poi a piedi una libreria fornitissima di materiali cartacei, audio e video sulla comunità di Okinawa ad Osaka. Seduti a terra all'interno della libreria stessa, un cinquantenne di nome Samo ci parla per più di due ore della storia di questa comunità. Anche stavolta, storie di migrazioni a partire dai primi del novecento, boom industriale, manodopera a basso costo, organizzazioni operaie, lotte per i diritti, poi le due guerre, il nuovo piano urbanistico ed una orgogliosa riscoperta culturale di questa comunità, che a partire dagli anni settanta organizza festival con danze, canti e cibi tipici delle isole Ryukyu.

In tarda serata raggiungiamo un collettivo nel centro di Osaka. Stavolta tocca a me parlare. Seduto di fronte ai compagni di avventura e ad una manciata di altri spettatori giapponesi, mi invitano a discutere di migrazione in Cina e condizione delle donne. RJ mi fa da interprete ma le difficoltà comunicative sono sempre più evidenti. Con mia grande sorpresa, scopro che queste persone sanno di Cina molto meno di quanto non sappiano i cinesi di Giappone. Mi ritrovo a dover spiegare anche le cose più basilari e che ormai anche in Italia tutti sanno, dal sistema hukou alla politica del figlio unico, dal risentimento cinese per la mancata apologia nipponica nel dopo guerra alle enormi differenze tra città e campagne. Una signora però conosceva l'etnia Mosuo, nella Cina meridionale. Peccato però pensasse che tutta la società cinese fosse matriarcale e che le donne comandassero un po' in tutta la Repubblica Popolare.
Nonostante questo, lo scambio con questi giovani e meno giovani giapponesi in una delle tanti sedi di collettivi, sindacati, organizzazioni e ONG a Osaka è stato per me particolarmente piacevole ed interessante. Usciti ormai verso mezzanotte, mi sono sentito in grande debito soprattutto nei confronti di RJ per la sua pazienza nella traduzione e con tutti gli altri per come hanno organizzato tutto il tour, ospitalità compresa. Ma, ancora una volta con grande stupore, mi sento dire che la nostra strada termina qui: passerò la notte da Vecchio So e il giorno dopo treno per Kyoto. Neanche un abbraccio, neanche l'opportunità di dire “grazie fratello!” a modo mio.

E così, l'ennesimo inchino con questi attivisti e anarco-sindacalisti della Osaka underground, un rapido scambio di e-mail sotto una pioggia battente e la promessa di un “arrivederci!”.
Seguo Vecchio So sulla via di casa, preparo lo zaino e da domani altra città, altra avventura: Kyoto!

Squatting Japan (2): tra i senzatetto di Osaka

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.


Il giorno dopo mi svegliano alle 6.30. Mi alzo che sono più stanco del giorno prima. Io, Vecchio So, Vecchio Punk e Ryu prendiamo la metro fino a Doubutsuemmai, non lontano da Tennouji. Usciti dalla metro, mi portano in un grande e grigio edificio che cade a pezzi. Sono da poco passate le sette di mattina, e in questo che sembra un grande edificio per il mercato del pesce, sono buttati qua e là un centinaio di senza fissa dimora. Sembra davvero di stare in uno di quei romanzi di Bukowski, dove dei cinquantenni senza dio né famiglia si fanno vittime dei caporali del lavoro per procurarsi i soldi con cui sbronzarsi la sera. Ryu e gli altri due sistemano un banchetto con tanto di bandiera nera e A cerchiata, volantini, poster e un altoparlante. Ryu comincia la sua arringa propagandistica, Vecchio So e Vecchio Punk distribuiscono i volantini ai molti presenti, che fanno colazione con saké e sigarette. Alcuni sono vestiti di stracci, altri sono proprio ridotti male di fisico e di testa. Non solo poveri o malandati insomma, ma anche gente con seri problemi psicologici e relazionali.
Poco dopo arrivano quelli del sindacato socialista, anche loro con banchetto, volantini, poster e alto-parlante. Appena Ryu finisce il suo discorso attaccano loro.
Alle 8.30, al piano superiore, lo sportello dell'ufficio collocamento apre e un alto-parlante chiama dei numeri. I vari senzatetto si sistemano in fila secondo numero di tessera. Sono tutti lavori di merda, mi spiega Ryu, puliscono le strade o vanno a raccogleiere riso. Sei ore al giorno, per cinquanta euro e senza assicurazione. Duecento al giorno circa, su duemila senzatetto registrati qui. C'è una ONG che si occupa del servizio sanitario, facendo visite ed analisi ai lavoratori a giornata e dando medicine. I sindacati premono soprattutto per l'assistenza sanitaria.

Quando tutti i lavoratori hanno preso il foglietto con l'indirizzo del lavoro per questa giornata, Ryu mi porta con lui ad intervistare un dipendente della ONG. Chiede della situazione lavoratori, numeri, statistiche e di Fukushima. A quanto ho capito, alcuni dei lavoratori di qui vengono mandati nelle zone del disastro nucleare a fare lavori di merda e soprattutto pericolosi per due lire.
La solita storia: uno non ha casa né lavoro e si prostituisce per ogni schifezza di lavoro pur di avere di che mangiare e bere. Tra questi senzatetto-lavoratori saltuari, il più giovane avrà quarant'anni, il più anziano una settantina. Avrò visto un paio di donne in tutto. Credo che quasi nessuno ha (o non ha più) famiglia.

Finita l'intervista al dipendente ONG, ci raggiungono anche RJ e Ma chan, a visitare un'altra ONG che lavora per diritti dei senzatetto. La sede si trova di fronte all'ufficio municipale per il collocamento lavorativo. Mi fanno vedere come gli uffici siano vuoti e le strutture in stato di totale degrado. Nella sede della ONG invece mi fanno parecchie domande sul referendum in Italia, il diritto al voto e lo stato sociale. A quanto ho capito, qui appena perdi la casa perdi subito anche il lavoro e il diritto al voto. Devo controllare. Ma comunque assurdo.

Prossima tappa, un dormitorio poco lontano da quest'ultima ONG. Per la strada più alcolisti che barboni. Il domitorio è simile a quelli che i migranti costruiscono nei cantieri in Cina. Plastica e ferraglia, stanzoni dove passano la notte ammassati decine di senza fissa dimora. Il comune di Osaka paga una cifra considerevole ad un ente privato per gestire il dormitorio. L'ente privato ovviamente si intasca l'intera somma e ne spende un decimo per garantire un minimo di alloggio a chi lì passa la notte. Le solite truffe sociali alle quali siamo ben abituati in Italia. La mattina presto i senzatetto vengono cacciati via e passano la giornata in strada o a cercarsi i lavori di cui sopra. Ryu mi spiega che non hanno molta coscienza politica né voglia di organizzarsi, preferiscono vivere come spiriti liberi, ma sanno far valere quel poco di diritti che hanno quando un sindacato organizza qualche forma di lotta. Anche violenta.

Con i miei nuovi ed inseparabili amici anarco-sindacalisti, prendiamo poi la metropolitana per Tsurubashi. Siamo una manciata di giapponesi over quaranta vestiti di sudore e campanelli, e un muso bianco del tutto spaesato in questo Giappone underground. Sembriamo qualcosa a metà tra l'Armata Brancaleone e il Partito comunista clandestino della Mongolia Inferiore. Un rigurgito di collettivo, insomma.
A Tsurubashi, Osaka sud-est, quartiere coreano, ci aspetta il signor Ji. Ji è un giapponese di origine coreana, che insegna in un'università poco distante. Ci farà da guida nel quartiere coreano, un quartiere antico, dove negli ultimi anni speculazione edilizia e sfratti forzati hanno avuto la meglio. Complice, ai danni dei lavoratori e dei piccoli commercianti coreani, una sorta di disprezzo nei loro confronti dai parte dei giapponesi “puro sangue” e quella specie di razzismo di cui parlavo nel primo post su Osaka. Il quartiere è molto caratteristico, viuzze strette e mercatini all'aperto, odore di carne alla piastra, pesce e kimchi (verza piccante). Ji ci porta anche a visitare un cimitero ed una scuola elementare dove quasi tutti i bambini sono coreani. E continua a raccontarci di intolleranza etnica, ghetti e demolizioni. Finiamo la serata in un ristorante coreano, ad abbuffarci di carne e verdura alla piastra, ingollando birra Asahi e parlottando di politica.

Poco dopo salutiamo il signor Ji e lo ringraziamo per la sua disponibilità. É la mia seconda sera in Giappone e sono davvero stanco morto. In più siamo in piena stagione delle piogge: piove senza sosta e io ho dovuto anche farmi prestare un ombrello di plastica bucato dai miei compagni di viaggio. Pioggia al nucleare, dicono.
Non so come, ma riesco a raggiungere con Vecchio So e Vecchio Punk la loro misera stanzetta e a gettarmi nel sacco a pelo. Non prima però di una doccia, che Vecchio Punk mi obbliga a fare, in un giapponese per una volta fin troppo chiaro.

Squatting Japan (1): l'arrivo ad Osaka

PREMESSA: gli occhi con i quali ho osservato e descritto il “mio” Giappone sono quelli di un italiano che ha vissuto in Cina per molti anni. La lettura ai seguenti post dovrà necessariamente tenere conto di questo.
Altra cosa molto importante: sono rimasto davvero entusiasta di questo viaggio. Il piacere del viaggio stesso, le novità trovate in terra giapponese e la curiosità per la sua cultura hanno completamente ricaricato le batterie che da troppo tempo avevo ormai spente nella mia noiosa e stressante vita pechinese.


Solitamente gli italiani che tornano dal Giappone raccontano di un paese incredibilmente pulito ed ordinato. La Svizzera d'Oriente. Mi sono sempre chiesto chi sia a rendere il Giappone così pulito. Ed è da questa domanda che ho cominciato il mio viaggio in terra giapponese.

Arrivo alle 3 e 10 di pomeriggio di martedì 14 giugno all'aeroporto Kansai di Osaka, Giappone centro meridionale. Osaka è una grande città industriale e commerciale, la Shanghai giapponese. Ha un paio di aeroporti, Kansai è costruito su un'isola artificiale. Linea ferroviaria e metropolitana impensabile in Italia, un gomitolo aggrovigliato dove i giapponesi sono riusciti ad inventare ordine ed efficienza.
Riesco abbastanza facilmente a procurarmi un biglietto per il centro città ed imboccare il treno giusto. Le mie prime impressioni non sono delle migliori. Mi aspettavo un paese tecnologico e all'avanguardia, post-postmoderno, ricco sfondato, colorato, illuminato a giorno 24 ore su 24, pieno di servizi e tecnologie che in Europa neanche fra cent'anni... ed invece mi ritrovo su una triste linea ferroviaria, tra risaie e case basse, pochi colori, un cielo grigio e minaccioso, più da periferia londinese che da capitale del nuovo mondo. Sarà così solo per un po', penso.

Arrivo a Tennouji, grande stazione nella zona meridionale di Osaka. Ad attendermi c'è RJ (i nomi sono tutti inventati), un anarchico giapponese che ho conosciuto e contattato tramite alcuni attivisti americani di Pechino. Avevo infatti chiesto ospitalità nei giorni scorsi sia a lui che ad altri autonomi di Osaka, Kyoto e Nara. RJ è stato il primo a rispondermi e a propormi un “activist tour” per Osaka. Io ho ovviamente accettato. Quanto segue, è il report di tre giorni con gli anarchici giapponesi di Osaka.

RJ ha 42 anni ma ne dimostra molti meno. È alto, smilzo, capelli corti e mascherina. In molti portano la mascherina in Giappone. Non so se per paranoia o perché (a mio modo di osservare) moltissimi hanno i denti sfasciati. Fossi dentista farei i miliardi a Tokyo. RJ ha una vistosa cicatrice al polso destro, che copre con un calzino sfondato. Mi ha detto di essere stato operato di recente alla spina dorsale e di aver perso sensibilità alla mano destra. Con lui ci sono Ma chan, Vecchio Li e Vecchio Punk. Ma chan è una ragazza di età indefinita, probabilmente la compagna di RJ. Vecchio Li è un anziano distinto, con uno dei sorrisi più belli mai registrati. Vecchio Punk è un vero personaggio, basso e tarchiato, avrà una sessantina d'anni ma si veste come un trentenne da centro sociale, ama bere e si è fatto qualche anno di carcere per reati politici. C'è poi un giovane fotografo, che sfoggia orecchino e spillette anti-nucleare. L'anti nucleare sarà un tema fondamente nelle relazioni tra me e questi ragazzi. E il fotografo lo chiameremo Ken. Sono tutti amici di RJ e attivisti ad Osaka, insieme ad altri che si aggiungeranno saranno i miei compagni d'avventura nei prossimi tre giorni.

Fuori dalla stazione Tennouji noto una decina di barboni, intenti a fumare e raccogliere quello che trovano in strada. Una classica scena da metropoli europea, ma non mi aspettavo di trovare nel ricco Sol d'oriente. Ma una scena ancora peggiore mi attende: delle urla e dei ragazzini ben vestiti che scappano via divertiti, un anziano senza tetto che li insegue zoppicando. Alcuni giovani studenti di buona famiglia, mi spiega RJ, si divertono a lanciare oggetti ai senza fissa dimora. A volte benzina che poi accendono.
Vero o meno, questa scena è stata per me un pessimo “benvenuto” ad Osaka city.

Ken ci porta in un “artistic café” nel centro di Osaka. Il gestore è un pittore giapponese, ma la moglie è italiana. Cristina (nomi sempre inventati) è una gentile e affabile ragazza del nord italiana, che ha studiato giapponese a Venezia, per poi venire a vivere ad Osaka. Le chiedo subito molte cose, e mi aiuta tantissimo nella comunicazioni con i miei nuovi compagni d'avventura giapponesi. Scopro di avere molte cose in comune con lei. Mi spiega che i giapponesi sono abbastanza xenofobi non solo con gli stranieri, ma anche con le cosiddette etnie minori del Giappone. Mi spiega anche che anche qui si può fumare ovunque, se non dove espressamte vietato o nelle strade principali.
Ceniamo con ottimi spuntini di pane e pesce, più birra abbondante. Prezzo: 9 euro a testa. Ci sta. Durante la cena, RJ mi spiega in inglese stentato il programma di questi tre giorni. Minchia, davvero pienissimo. Un vero anarchist-tour in giro per Osaka.

Tramite metro (che costa mediamente 1-1,5 euro) JR e gli altri mi accompagnano in zona Kyobashi, Osaka centro-est. Nei pressi della stazione metropolitana, dei loro compagni hanno affittato una stanza, dove io e Vecchio Punk passeremo la notte. Appena entrati, faccio la conoscenza di Vecchio So, un sessantenne disoccupato, e di Ryu, portavoce del FWF (Free Wokers' Federation), un sindacato anarchico di Osaka. Gli altri ci lasciano, appuntamento per la mattina dopo. Vecchio So dorme su un sudicio lettino, io, Ryu e Vecchio Punk in dei sacchi a pelo, a terra. Anche se nessuno parla inglese, mi chiedono subito del nucleare in Italia. Abbiamo vinto, amici miei, abbiamo vinto! Anche la televisione passa servizi del referendum in Italia e del cazzo in culo preso dal Berluska e compagnia cantante. Grida di vittoria (Banzai!) e brindisi di birra per un paio di ore. Poi Ryu comincia a riempirmi lo zaino di volantini e materiale di propaganda anti-capitalista. Mi parla anche di alcuni anarchici giapponesi condannati a morte o all'ergastolo per il fallito attentato all'imperatore, nei primi del novecento. E ovviamente, conoscono il nostro Gaetano Bresci. Che invece non fallì.

Viva l'Italia anti-nucleare, viva l'anarchia. E per il primo giorno è tutto, buonanotte!

Saturday, June 18, 2011

ThinkIN China vi ringrazia e saluta, ci si vede a settembre! Forse :)


Monday, June 13, 2011

LEGITTIMO GODIMENTO (in volo per il Giappone)

Grazie Italia! Non penso di aver mai scritto una frase del genere in quattro anni e mezzo di blog. Grazie di cuore, a tutti/e voi che siete andati/e a votare. E ovviamente a votare Sì!

Qui a Pechino festa grossa, godiamo senza sosta e domani hangover sarà!

Io godo anche perché fra poche ore prendo un aereo per Osaka. Finalmente cazzo. Sono a Pechino dallo scorso settembre e la sola idea di andarmene per qualche giorno mi riempie di gioia! Fino al 20 giugno sarò a zonzo e da solo tra i senza tetto di Osaka, gli studenti di Kyoto e a Nara per turismo.

In attesa di report catastrofico-etilici dalla terra giapponese, vi saluto ed abbraccio.

Viva l'Italia ed abbasso il re!

p.s. L'organizzazione che lavora per i senza fissa dimora, della quale sarò ospite ad Osaka, mi aveva chiesto di dare una lettura sulle rivolte contadine in Cina e la situazione dei migranti. Parlerò invece dell'acqua che se ne gironzola libera per le piazze dell'Italia e del nucleare che nello stivale non metterà piede. Olè!

Sunday, June 12, 2011

Perché non mi taglio la barba

Non mi taglio la barba perché poi, anche contro la mia volontà, ricresce.

E se anche mi tagliassi la barba ogni mattina, poi vorreste anche tagliarmi i capelli.

E non mi taglio i capelli perché poi mi direste che anche l'orecchino non fa molto borghese.

E non mi tolgo l'orecchino perché poi avreste da ridire anche sulle scarpe. Troppe vecchie, da ricomprare.

E non mi compro un nuovo paio di scarpe perché poi al mare la mia panza gonfia di sbronze provecherebbe il fastidio visivo alla gioventù bene. E mi si chiederebbe di non bere e fare sport.

Non smetto di bere e non faccio sport, perché poi toccherebbe ai bracciali che porto dai tempi del liceo: troppo fuori moda.

Non mi tolgo i bracciali perché, a ben vedere, anche i peli sul petto sono in eccesso. E sarebbe il caso di rifarmi il naso. E le tette. E il culo, bukoskianamente flaccido. E poi le unghie delle mani. E quelle dei piedi. E un motorino che non si addice ad un trentenne. E i denti troppo gialli. E il puzzo di sigarette. Insomma, non andrò mai bene.

Non mi interessa di andare bene per voi. Sarebbe già abbastanza andare bene per me.

Per questo, la barba non la taglio e anzi la tengo stretta.

Barbeque illegale sul terrazzo del dormitorio 在留学生宿舍阳台上的非法烧烤聚会









Festival della cultura giapponese a Pechino. Pensando a Fukushima.






Japanese cultures...

"I can't always distinguish elements of traditional Japanese culture from Japanese culture invented for tourists"

Toshiya Ueno, professor of sociology, Chubu University

Akiko Yosano (1878-1942), Japanese feminist and poet

"I don't want to draw sharp distinction between men and women and to boast that women are superior beings. Women are only human. I would like to see men and women carry on their lives cooperatively, choosing work to which each is best suited, and giving up their biased ideas, such as that childbirth is disgusting, while war is noble"

Saturday, June 11, 2011

Latino, t'avevo tanto odiato

"La Cina che ha voglia di latino

Non è un fenomeno di massa, non può esserlo, ma la Cina scopre una strana voglia di latino. A Pechino l’Università di Studi stranieri (Bfsu, o Beiwai) ha una cattedra, un’altra è all’Università del Popolo, diversi atenei hanno corsi meno strutturati ma comunque operativi, anche la Cass (l’Accademia di Scienze sociali) prevede lezioni di latino. Alla Bfsu, un corso estivo che si immaginava potesse accogliere una trentina di studenti ha ricevuto 261 adesioni."


Leggi tutto:

http://leviedellasia.corriere.it/
di Marco del Corona

Yes, it's happening in the fastest economy in the world

"Migrant worker is hamstrung for demanding due wages; massive violent conflict ensues

It was started by a hideous act of violence on a migrant worker. On June 1, 18-year-old worker Xiong Hanjiang from Sichuan province went with his parents to Huayi Porcelain Factory in the town Guxiang, Chaozhou city in southern Guangzhou province and asked the employer for his past due wages. During the process, Xiong Hanjiang got into a fight with Su, the factory owner. Su hit Xiong’s head with a wooden stool and ordered his underlings to cut Xiong’s wrists and ankles and cripple him."

Read all:

www.ministryoftofu.com/2011/06/migrant-worker-is-hamstrung-for-demanding-due-wages-massive-violent-conflict-ensues/

Friday, June 10, 2011

Sì!

Sì all'abrogazione della privatizzazione dell'acqua

Sì all'abrogazione dei profitti sull'acqua

Sì all'abrogazione del nucleare

Sì all'abrogazione del legittimo impedimento


Io da Pechino non posso votare. Ma voi che siete in Italia domenica o lunedì andate ad abrogare! Al vecchio pappone mafioso nessuno sconto! E in culo a chi vuole speculare sull'acqua!

6.11 NO NUKES ACTION, JAPAN

"Action June 11: No Nuclear Power

The day marks three months after the Fukushima nuclear disaster triggered by the earthquake and tsunami. The plants are still spewing radioactive materials. No one wants such dirty electricity harmful to human and nature.

Join us on June 11th with million-people action throughout the world and let our voice heard."

http://nonukes.jp/wordpress/?page_id=137

http://611shinjuku.tumblr.com/

Thursday, June 09, 2011

Incubo Gaokao

"Gli studenti di Pechino hanno dovuto scrivere le proprie impressioni sugli ori della squadra cinese al campionato mondiale di ping pong. La risposta più schietta a questa traccia viene da un netizen che in 140 caratteri dice: avevo l’esame, caro professore, come cazzo pensi che sia riuscito a trovare il tempo di guardare i campionati di ping pong?"


Leggi tutto l'articolo:

http://www.china-files.com/it/link/10499/ping-pong-speranza-ascesa-tempo-che-passa-i-temi-del-gaokao

Complimenti Lucia, bel pezzo!

Want to take part in valuable Psychology research and get an insight into the life scientific process?

I am a Psychology researcher from the UK and will be working here in Beijing at Peking University for the next two years. I am currently carrying out a research study with the help of my colleagues here at PKU. We are looking at the differences between Chinese people and European/ European Americans in how they feel in different situations and how they control these feelings.

Ultimately, this research has important implications for assisting international harmony and co-operation.

We are looking for enthusiastic people who would be interested in taking part in this research. To take part you must:
1) Be between 18 and 45 years old
2) Either:
i) Be Chinese, have been born in China, have lived in China most of your life and speak a Chinese language as your first language.
ii) Be European/ European American, have been born in Europe or North America, have lived most of your life in Europe or North America and speak fluent English.

Taking part in the research involves filling in a short form via email (approximately 20 minutes) and attending two research sessions at PKU (one session will be less than 1 hour long, the other will be 2-3 hours long). We can pay participants 100RMB.

During the research we will ask the people who take part to spend time looking at some photographs and telling us how they feel. We will record brain activity using a special hat and will record heart rate and people´s facial expressions. Participants will also be asked to complete some questionnaires.
If you have any questions then please contact me at k.a.woodcock@bham.ac.uk

I look forward to hearing from you soon!


--
Dr. Kate Woodcock
Marie Curie Postdoctoral Research Fellow

k.a.woodcock@bham.ac.uk
www.katewoodcock.com
Tel: +86 15010842445

Culture and Social Cognitive Neuroscience Laboratory
Department of Psychology
Peking University
5 Yiheyuan Road
Beijing 100871
P.R.China

and

School of Psychology
University of Birmingham
Edgbaston
B15 2TT
UK

Wednesday, June 08, 2011

ThinkIN China meeting - The last one for this semester

dear all
ThinkIN China is pleased to invite you to the presentation of the book

"Ancient chinese thought, modern chinese power"

by Professor Yan Xuetong

Institute of International Studies, Tsinghua University

the 13th of June at 7PM
take care fo the date, is ==MONDAY==
not tuesday as usual

The Bridge Cafe
Rm 8, Bldg 12, Chengfu Lu
成府路五道口华清嘉园12号楼8号
010-82867026

and then, after

Stay with us for our ThinkinParty

after the event we move next door for ThinkIN China goodbye summer party
@ EATALIA
成府路华清嘉园10-12号
Chengfu Lu HuaQingJia Yuan 10/12
35 yuan for lots of good pizza drink & music until late at night

Looking forward to seeing you there!

--
The ThinkIN China Team
http://www.china-files.com/thinkinchina/

Tuesday, June 07, 2011

Li Na, né Dio né famiglia

"Sul web cinese prima della finale di Parigi, girava un invito scherzoso: «se Li Na vince il Roland Garros proprio il 4 giugno, tutti a festeggiare in piazza Tien An Men»."

Leggi tutto l'articolo:
http://www.china-files.com/it/link/10469/li-na-spirito-libero-del-tennis-cinese

Sunday, June 05, 2011

Tiananmen, il tennis femminile e il soft power cinese

Una sera come tante, birreggiando con altri studenti alla mensa est del nostro campus universitario. In televisione davano la diretta della finale Li Na - Schiavone. Io pensavo a ventidue anni fa, quando a Pechino massacrarono centinaia di studenti cinesi in protesta da mesi. Chiedo ad una mia amica cinese seduta accanto a me cosa ne pensa: "Non ha niente a che vedere con la mia vita". Come biasimarla!? In una società cinica e materialista come quella che la Cina si ritrova ad avere oggi, dove un diciassettenne è disposto a vendersi un rene per un iPad, cosa vuoi che ce ne freghi del 4 giugno '89!?

Riporto occhi e pensiero alla finale di Parigi. Troppo forte la Li Na, dicono. Io ci vedo un'altra forma di soft power cinese. I cinesi stanno lentamente dominando in ogni sport, anche in quelli tradizionalmente padroneggiati da europei o afro-americani. Sarebbe interessante studiare quanto lo Stato ed il Partito investano nello sport cinese per un ritorno in termini di prestigio sportivo (ovvero anche politico) a livello internazionale.

Intanto vi anticipo: martedì 13 giugno alle ore sette, al Bridge di Wudaokou, avremo come ospite di ThinkIN China il prof. Yan Xuetong, docente di relazioni internazionali alla Qinghua University, politologo di fama mondiale. Darà una lettura intitolata "Ancient Chinese Thought, Modern Chinese Power". A presto per il volantino e maggiori info.

Sinologia a Macerata

"Viaggio nell’universo linguistico sino tibetano con il prof. Hongkai, ricevuto dal sindaco di Macerata"

http://www.cronachemaceratesi.it/2011/06/04/viaggio-nell’universo-linguistico-sino-tibetano-con-il-prof-hongkai-ricevuto-dal-sindaco-di-macerata/


p.s. Sarebbe da segnalare ai nostri amici giornalisti maceratesi che Hongkai è il nome, non il cognome. Tanto per evitare altre figure di merda in futuro.

Saturday, June 04, 2011

Quel giorno di ventidue anni fa...

I DO NOT NEED SEX: THE GOVERNMENT FUCKS ME EVERYDAY

Friday, June 03, 2011

Incontro col calligrafo Maosen 茂森,书法家

Generazioni di migranti a confronto

"Il lavoro di Peng Shuiyin, lavoratrice migrante di Dongguan, consisteva nel lucidare giorno dopo giorno le borse in pelle di marche come Gucci. Tuttavia Peng, così come la grande maggioranza delle lavoratrici migranti in Cina, non aveva idea di quale fosse il prezzo di una borsa di pelle del genere, una cifra probabilmente di gran lunga superiore ad un anno del suo salario.

Questo è il paragrafo d’apertura di un articolo pubblicato sul Nanfang Zhoumo della scorsa settimana. L’argomento? Il suicidio di Peng, una lavoratrice migrante quarantenne originaria della provincia Hubei che lo scorso quattordici maggio è saltata dal quinto piano del suo dormitorio con appena quattro banconote da uno yuan in tasca, un cellulare di bassa lega e la chiave della sua minuscola stanza in affitto per 170 yuan al mese. Semplicemente non ce la faceva più a tirare avanti, con una figlia diciottenne in una scuola superiore e un marito invalido a causa di un recente incidente stradale."


Leggi tutto:
http://www.cineresie.info/generazioni-lavoratori-migranti-cinesi/

di Ivan Franceschini

Oggi in Spagna, domani in Italia

SE HA AGREGADO EN LA PÁGINA WEB DE PETICIÓN PÚBLICA, UNA RESPUESTA A TRAVÉS DE LA FIRMA DE TODOS LOS ESPAÑOLES INTERESADOS EN QUE LOS POLÍTICOS NO COBREN SUS SUELDOS Y DEMÁS PREBENDAS DEL ERARIO PÚBLICO DE UNA FORMA DESMEDIDA. CUANDO SE LLEGUEN A LAS 500.000 FIRMAS SE PASARA EL TEXTO CON EL LISTADO DE TODOS LOS FIRMANTES AL SENADO CON COPIA A TODOS LOS GRUPOS POLÍTICOS.

SI QUIERES VER LA EXPLICACIÓN DE LO QUE COBRAN LOS POLÍTICOS PINCHA EN ESTE ENLACE (MERECE LA PENA):

http://noalossueldosdelospoliticos.blogspot.com/

SI QUIERES IR DIRECTAMENTE A LA RECOGIDA DE FIRMAS PINCHA EN ESTE ENLACE:

http://www.peticionpublica.es/?pi=P2011N5259

Ya van 278.736 firmas, con 500.000 se leerá en el Senado (No más sueldos desmedidos y prevendas de los políticos)

JULIO / 2011 INCREÍBLE!!

Este año, Julio tendrá 5 viernes, 5 sábados y 5 domingos. Esto sucede una vez a cada 823 años.

Thursday, June 02, 2011

2 giugno punk

Mi piacciono le feste perché il giorno dopo ti svegli cosparso di succhiotti e non sai chi sia stato/a a farteli. Non ritrovi le mutande e ti chiedi dove hai lasciato i pantaloni. E ho perso un altro orecchino...

Viva la repubblica! Viva Gaetano Bresci!

Buona felice giornata felice!