Sunday, November 06, 2011

Scrivi una lettera

Ci deve essere un modo per uscire dalla depressione. Io ne uscii ANCHE scrivendo. Era il gennaio del 2002, io uno studente rincoglionito all’università di Roma. Una sera, per caso, trovai una vecchia macchina da scrivere a casa di amici. “Me la presti?”. Me la prestò. E cominciai a scrivere. Dalla mattina alla sera. Scrivevo lettere. Ad amici lontani. Anzi, erano solo amiche. “Amichette”, diciamo. Torino, Genova, Parma, Napoli. Riempivo le cassette postali delle mie amiche con le mie lunghe lettere. Non so quanto spendessi in francobolli. Ma ricordo che, tolto l’affitto della casa e le bollette, avevo tre tipi di spese: il misero mangiare, il molto bere e le Poste Italiane.
Non scrivevo per qualcuno. Scrivevo a qualcuno. Tanto per condividere il mio malessere e i racconti della mia vita balorda. Bei tempi. Insomma.

Non usavo internet allora. Non avevo un portatile né tantomeno una connessione internet. Scrivevo lettere e le imbucavo. Arrivavano dopo una settimana circa. E mi rispondevano (se rispondevano) dopo un mesetto. Tutta un’altra storia, rispetto alle e-mail di oggi.
Sapete cosa? Mi mancano le lettere. Riceverle. E mandarle. Tornare a casa di corsa e aprire la cassetta delle lettere. Restare deluso, se vuota. Riempirmi il cuore di gioia in caso contrario.

Lettere ne ho scritte negli ultimi anni a due detenuti nelle carceri italiane. Un modo, credo, per farli sentire meno abbandonati. Una misera consolazione. Una donna che sconta tre anni. Ed un ergastolano. Poi non mi hanno più scritto. Non so perché. Forse li hanno trasferiti. Ad ogni modo erano le uniche persone che, per causa di forza maggiore, ricevevano volentieri delle lettere anche da uno sconosciuto come me. E rispondevano. Ora ho cominciato una corrispondenza con un prigioniero politico irlandese. Vediamo come va. Ma le lettere avrei piacere di scriverle non solo a persone che sono dietro le sbarre.

Torniamo a scrivere lettere. E dai!

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