Thursday, January 19, 2012

Il colloquio di lavoro: impressioni a caldo. Molto caldo.

I colloqui sono stati in realtà due, uno ieri dove ho dato una presentazione in PowerPoint dal titolo "Come la mia ricerca aumenta i punti di forza dell'università nell'insegnamento e nella ricerca", l'altro oggi, una vera e propria interista davanti alla commissione accademica.
Due giornate completamente diverse.

Ieri sono entrato in sala spavaldamente, rilassato ma concentrato, pronto a dare show. Non mi aspettavo di trovare in aula, oltre ai professori e al preside della commissione, tutti i dottorandi e la segretaria del dipartimento dove insegno. Questo mi ha spiazzato e un po' imbarazzato anche. Ma avevo qualcosa di più importante a cui pensare: la mia presentazione.

20 minuti passano in fretta, un paio di frasi in cinese fanno sexy, un paio di citazioni di Yuan Tengfei e Ivan Illich per non trascurare l'approccio anarchista all'insegnamento. I 10 minuti di domande e risposte, sono passati ancora più in fretta. Soddisfatto del mio show, ho dato del mio meglio.

A qualche ora si distanza sono entrato però in stato confusionale, quasi paranoico: "il meglio" che ho dato è qualcosa di simile al "meglio" che una commissione accademica di una università irlandese si aspetta da me? L'avevo dato forse per scontato, evidentemente sbagliando. Atroci dubbi si sono impossessati di me: gli altri candidati hanno molti più anni di me e più esperienza, inglese come madrelingua, meno disinvolti e con una cravatta. A giudicare dagli sguardi della commissione la mia presentazione li ha indubbiamente impressionati. Ma c'è da vedere se in positivo o in negativo...

Ma il problema è un altro. Sapevo di avere delle buone carte da giocare e le ho giocate, anche abbastanza bene. Ma per tutto il resto? Per tutto il resto quasi non avevo nulla da giocare, poco o niente da dire. E questo i docenti lo notano e non gioca a tuo favore.

Per questo oggi, al secondo round del colloquio, sono entrato con un umore ben diverso. Conciato peggio di ieri, svogliato, paranoico, completamente insicuro. Quasi a voler dire "Non fatemi domande, io ho una domanda per voi: chi siamo? Cosa facciamo? Perché?". Non è così che si fa bella figura ad un colloquio di lavoro. Neanche in accademia, mondo dei pazzi intellettuali.

I docenti mi hanno fatto domande ed osservazioni relative al CV del tutto normali e che uno si aspetta. Il problema è che, al di fuori delle zone dove ero ben preparato a rispondere, non avevo preparato nulla, per il semplice fatto che non aveva nulla da dire. La ricerca? Tutto bene grazie. Le pubblicazioni? Oh sì, arriveranno a frotte. Capacità organizzative? Una volta al liceo occupai il cesso da solo perché l'occupazione del resto dell'edificio era saltata; non sono bravo a comandare. Rapporto con gli studenti? Ottimo, mi creda; sono più scoppiato delle matricole, a sbronze e bisboccia non mi batte nessuno, ho molto da insegnare loro.

Beh, più o meno è andata così. Di positivo c'è che l'opportunità di ottenere questo lavoro è quasi del tutto irrilevante per me: ho fatto domanda tanto per. Come molte altre volte nella mia vita. E' così che mi sono ritrovato a fare un dottorato in Cina così come potevo stare a raccogliere bimbi dalla strada in Argentina. Fai domanda e vedi se va. Se non va allora va qualcos'altro. Dunque non mi importa molto. Ma credo di aver imparato molto da questo colloquio. Meglio andarci preparati, avere esperienza alle spalle, avere qualcosa da dire e averla SU TUTTO, non solo su qualche cosa. E' giusto che prendano un 40enne che magari non conosce benissimo la Cina o parla cinese peggio di me, ma che almeno abbia esperienza di docenza ed amministrazione. Insegnare di ruolo in un'università a 29 anni nel 2012 è fantasia pura.

Certo, noi sbarbati 20enni-30enni da qualche parte dovremo pure cominciare. Ma questo è un altro problema.

1 Comments:

At 2:10 PM, Anonymous Anonymous said...

A volte anche se il valore del candidato viene completamente riconosciuto, intervengono fattori legati all'eta', alla personalita' e allo stituazione della persona che possono influire sulla sua credibilita' nel dare stabilita' a quel ruolo. Cioe' un candidato di 40 anni con moglie e figli e' piu' difficile che lasci quel posto in breve termine o che provi a candidarsi senza esserne convinto cosa che magari potrebbe fare un 29enne con tendenze anarchiche e questo chi fa un colloquio lo esamina sempre e difficilmente gli sfugge. Succede in tutti i lavori, quando ti candidi per un posto di responsabilta' chi lo fa per vera necessita' (oltre ovviamente a provate capacita') risulta piu credibile. Poi possono anche autogiustificarsi dicendo "quello e' il migliore ma e' giovane e avra' altre occasioni per diventare di ruolo". Minchia come sono petulante. Chiudo qui. Magari son tutte cazzate. In bocca al lupo!

 

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