Monday, February 20, 2012

Diario di un prof: a lezione di lingua giapponese.




Sulla falsa riga di un blog ospitato nel sito di China Files (The Leftover of the day), riporto qui a libera frequenza le mie personali e quotidiane (dis)avventure nel dipartimento di studi orientali di un’università irlandese. Questi sono i racconti delle giornate di un docente italiano di cultura e società cinese alla University College Cork.



La cosa più entusiasmante che sia riuscito a fare in questo 2012 è stata di ritagliarmi del tempo per seguire un corso. È talmente tanta la nostalgia della vita da studente che non potevo non tornare sui banchi, dalla parte opposta della cattedra. Volevo seguire un corso di lingua coreana, ma non è stato raggiunto il numero minimo di iscritti. Così mi sono buttato sul corso base di giapponese.

Ah, che soddisfazione la vita tra i banchi! Due ore a settimana, serali. Quota di iscrizione zero perché sono un dipendente dell'università (evviva gli statali, evviva baffone Stalin!), la professoressa che ci insegna è una mia collega irlandese che incontro ogni giovedì al collegio dei docenti.
In classe siamo sette o otto persone ogni volta. Un tedesco, un vietnamita, una russa, un'americana, me, una studentessa giapponese che sta facendo un tirocinio di insegnamento e qualche irlandese. Età media sui 25 anni. Come ci divertiamo a lezione, mi sembra di essere tornato ai tempi delle prime lezioni di cinese all'università di lingue straniere di Pechino. È come tornare bambini, come stare all'asilo.

Essere italiano e aver studiato il cinese aiuta moltissimo l'apprendimento della lingua giapponese. La pronuncia è la stessa che abbiamo noi italiani, non c'è nulla da imparare. I caratteri giapponesi (i kanji) sono uguali al cinese non semplificato, dunque nello scritto sono molto avvantaggiato. Il resto è gioia dello studio.

Nota negativa: la cultura giapponese è più fastidiosamente gerarchica e formale di quella cinese. È tutto una serie infinita di inchini e di formule di doveroso rispetto. In più i testi sui quali studiamo sono tutti improntati al giapponese “economico”, cioè al mondo delle ditte e del business in Giappone, con figurine in giacca e cravatta, computers e scambio di biglietti da visita.
Come è diverso dal Giappone fatto di templi, giardini, boschi, studenti in occupazione e senza fissa dimora in agitazione che ho conosciuto io a Osaka, Kyoto e Nara!

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