Wednesday, May 16, 2012

正名: la certezza della pena

Per quel che mi riguarda, ultimamente l'ossessione che vivo con maggiore passione è quell'antica pratica confuciana di chiamare le cose con "il vero nome". Una sorta di rettificazione dei nomi in chiave post-moderna.

Funziona così: si parte da un nome. Si verifica se quel nome rappresenta perfettamente una data cosa, un sentimento, una relazione, uno stato, ecc... Quasi sempre ci si accorge che non è così. E allora si cerca un nome più adatto alla cosa. Il fine è legare "nome" e "cosa" nel migliore dei modi. E' un esercizio intellettuale perfettamente inutile, roba da gente sfigata sul serio.

Veniamo a noi. Alcune persone chiamano quel freno che ti spinge a non chiamare la tipa che hai per la testa "timidezza" o "insicurezza". Perché non mi chiama?! Ma perché non la chiami tu!? Ecco...
Non è per timidezza o insicurezza. Se devo dare un giusto nome alla cosa allora scelgo "certezza della pena". Non la chiamo per la certezza della pena. Vuoi chiamarla? Vuoi uscire? Avrai un prezzo da pagare. Una pena da pagare. No, non soldi. Dei soldi mene frego e poi ora sono ricco. No. Le energie da spendere per lavarsi, prepararsi, vestire "bene", uscire "bene", essere simpatici, rimbalzare tra negozi e ristoranti e pub e le lenzuola, ecco, è tutto questo che non ho voglia di pagare. Mi fa male la testa solo a pensarci. Un sinonimo che si potrebbe usare è "pigrizia".

Chiamare le cose con il proprio nome. Che genio, Confucio! 

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