Saturday, May 12, 2012

Partire è un po' morire

Così recita un detto. Partire è un po' come morire. Sentivo oggi nell'ultima puntata di Piazza Pulita di un sito web creato da degli imprenditori mandati in rovina dallo Stato che hanno deciso di non togliersi la vita. Né di fare altri atti eclatanti, se non uno: organizzarsi e partire. Già. Un po' come i migranti italiani di fine ottocento, come quelli del primo dopoguerra, come noi giovani all'estero, chi per studio, chi per lavoro, chi per rabbia.

Partire come alternativa alla morte. Una sorta di fuga. Come i migranti africani in fuga da guerre, miserie e persecuzioni. La migrazione come speranza di vita.

Tempo fa sono stato intervistato da un ragazzo che cura un sito, un sito che raccoglie le testimonianze di giovani italiani che vivono all'estero. Sono poi stato contattato da altri giornalisti, l'ultima volta da uno che scrive per Il Fatto Quotidiano. Sinceramente non gradisco questi tentativi di intervista, perché il più delle volte la loro pre-impostazione è: "dai, dicci che l'Italia fa cagare, che l'estero è un paradiso e che in Italia ci torni solo dopo una rivoluzione". Mi dispiace, non è così. Affermare questo sarebbe una menzogna.

Credo che gli esseri umani siano un po' tutti "terroni", nel senso di "legati alla terra". Quale terra? Quella dove sono nati e cresciuti. Non tutti i paesi del mondo sono belli o ricchi, ma tutti sono cari a chi ci è nato e vissuto. Molti poi sono costretti a fuggire o semplicemente scelgono di andarsene. Questo non significa che non portino in cuor loro il ricordo e l'affetto per la terra che li ha visti crescere. Se parlate con un cinese in Italia saprete esattamente di cosa sto parlando: magari ama il Colosseo, la Roma Calcio, il caffé italiano e la pizza, ma se potesse tornare in Cina e avere una vita dignitosa partirebbe il giorno stesso.

Rappresentare gli emigrati come gente felice che fa la bella vita è una gran minchiata. Non è quasi mai vero. Certo, se emigri è per vivere meglio, quindi di sicuro sarai abbastanza soddisfatto del tuo nuovo status. Ma non è mai tutto rose e fiori. E l'idea di "tornare" prima o poi arriva sempre nella testa di un migrante. Ammesso che tu abbia un posto a cui far ritorno.

Un consiglio, posso? Quando leggete siti o giornali di italiani che vivono all'estero, sappiate che in quelle parole c'è solo una faccia della medaglia. L'altro lato non c'è scritto. E non è tanto gioioso.


p.s. I romanzi erotici sono gli unici libri che si leggono con una sola mano, diceva Baudelaire.

3 Comments:

At 11:46 PM, Blogger 玛萨 said...

Ho letto giorni fa una frase su uno di questi blog filo esteri:

"hai coraggio ad andare in Sud Africa!"
"credimi ci vuole molto più coraggio a restare"

Non è nemmeno questo vero al 100% però. Le lezioni di vita in Italia o all'estero te le vivi addosso, non me le deve fare un giornale.
Il Fatto Quotidiano (e tutti i giornali) cercano esempi calzanti al loro stereotipo ideale, e poi lo dipingono e lo banalizzano: ecco gente che sprona altra gente. Per me ci vuole coraggio a scegliere con la propria testa, nonostante questi preconcetti.
ciao
Marisa

 
At 2:47 PM, Blogger Massaccesi Daniele said...

quello del "coraggio" mi sembra un luogo molto comune, una frase fatta. rispondevo così anche io quando, di ritorno dalla cina, gli amici mi chiedevano dove trovassi il coraggio per partire.
non è un fatto di coraggio, ma di avere i mezzi, i contatti e le opportunità di partire. o, come sembra purtroppo andare di moda ora, la necessità.

 
At 6:22 PM, Anonymous Anonymous said...

....nè dolcezza di figlio, nè la pietà del vecchio padre, nè'l debito amore lo qual dovea Penelope far lieta
vincer potero dentro a me l'ardore ch'i ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizzi umani e del valore
ma misi a me per l'alto mare aperto solo con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto....

 

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