Thursday, September 27, 2012

La notte più brutta della mia vita: l'esperienza del panico totale.


Davvero è stata una delle situazioni più orribili da me vissute. In ben trenta anni di onorevole e sfasciata carriera. Una pessima sensazione, per fortuna durata solo poche ore, con il picco di panico totale durato un tempo indefinito, qualcosa tra i cinque e i dieci minuti.

Poi uno se la ride. Ma ventiquattro ore fa non sono mai stato tanto vicino all'infarto. Certo, l'età non che aiuti.


Premessa: alterazioni.

Prima alterazione: nelle ultime due settimane, a Parigi come qui a Cork, sono ahimè spesso stato a contatto con letti e divani pieni di pelo di gatto. Io amo i gatti e gli altri animali. Ma ai gatti sono estremamente allergico. Per fottere la fastidiosa allergia, ho fatto spesso uso di cortisone, un farmaco che si assume per via orale e ti permette di respirare. Inutile dirlo, il cortisone (come tutte le medicine e le droghe) fa molto male alla salute.  

Seconda alterazione: il 19 settembre ho festeggiato il mio compleanno, il 23 settembre la mia festa di compleanno. Dal 19 al 24 settembre ho usato l'acqua solo per scacciare i gatti dal mio guanciale: per tutto il resto è stato un coma etilico continuo e permanente. A mò di rivoluzione.



Svolgimento: cronaca di un'attesa inattesa.

Ancora in preda ai fumi dell'alcool, decido che è la sera buona per ristabilire ordine e dignità, e tornare con umiltà alla mia noiosa vita sociale e professionale: 25 settembre, sera. Steso a letto, sento gli amici uscire di casa. Una doccia, un po' di relax, della musica, un film, qualche lettura... che cosa devo fare per domani? Ah sì! Un paio di testi da preparare, verso le due di notte ho terminato tutto e posso finalmente mettere la sveglia per le 9 della mattina dopo.
Spengo le luci, chiudo la porta della stanza, lascio socchiusa la finestra alla mia sinistra e l'armadio alla mia destra. Non è piacevole avere uno specchio ai piedi del letto, ma ci penserò domattina perché ora non ho voglia di lanciarlo dalla finestra.


Catarsi: ci siamo quasi.

Mi giro e mi rigiro sul mio cuscino senza esito: non riesco a prendere sonno. Evidentemente ho i nervi a pezzi e la coscienza sporca. Ricordo che la notte prima ho dormito poco e malissimo: ma almeno non ero solo. Dai dai sonno vieni, domani ho troppo da fare, devo riposare qualche ora. Ci riesco! Mi risveglio dopo qualche minuto di soprassalto: un incubo! Non sarà l'unico. Con gli occhi semi chiusi e il sudore alla fronte mi chiedo come mai i miei panni al suolo abbiamo la forma di un gatto nero che mi fissa. Dai, dormi immaginazione!
Mi risveglio poco dopo, stavolta terrorizzato. Altro sogno bruttissimo: morte, violenza, io testimone involontario. Dio mio! Allora! Calma... sguardo a sinistra, maglietta sudatissima, proviamo a riprendere sonno. Stavolta è lo specchio a farmi paura: riflette qualcosa all'interno dell'armadio, sembra un grande uomo che sta per voltarsi. Lo inculo io: chiudo gli occhi. Cazzata: l'inferno! Inferno di immagini che mi penetrano il cervello. Fanculo! Riapro gli occhi, sempre più terrorizzato, non riesco a calmarmi, vedo solo immagini che mi minacciano, tutto ovviamente creato dal mio cazzo di cervello in pappa. Adesso basta! Cervello spegniti, mi stai mettendo paura, lo so che i mostri non esistono, spegniti cervello!
Faccia verso il cuscino, coperte strette intorno. Sento freddo. Il silenzio di morte mi infastidisce. Ora comincio davvero a cagarmi sotto: sento come una presenza al lato del mio corpo, come una mano o una cosa che mi passa sul fianco e sulla coscia. Stiamo scherzando? Io sono solo in camera! E sto impazzendo. Sento poi come bussare sul materasso... Pensate sia tutto? Da sotto il cuscino sento come dei colpi verso la mia testa. Ok, mi volete morto. No! Riapro gli occhi e trovo il coraggio di girarmi: non c'è nessuno, solo io e le mie paure, le mie paranoie.
Daniele cazzo! Sono uno uomo di scienza io! (questo almeno mi ha fatto sorridere) Non credo a queste cazzate, i fantasmi non esistono, e neanche i mostri, gli spiriti o gli scheletri nell'armadio! Sono ateo, per lo più sono scettico, cinico e pessimista, a questi pupazzi da casa degli orrori non credo.
Mi sono quasi convinto. Torno sotto le coperte. Mi addormento. Un altro incubo cazzo! Non so dirvi il sudore e il tremolio delle mani e del corpo. Forse è solo una tortura. Mi rassegno quasi. Guardo le strane forme, ho paura, chiudo gli occhi, mi assaliscono gli incubi, li riapro, cazzo sento dei rumori di passi da di sotto e la mia stanza che vibra.


Il panico: quello vero.
I rumori di sotto non mi piacciono. Sono dei passi. Ma i miei coinquilini sono a dormire da un pezzo e di solito non camminano come ladri. Né fanno vibrare il legno della mia stanza. Sto davvero per uscire di testa: ai mostri non credo ma ai ladri e agli assassini sì. Mi guardo intorno: a destra riflesso sullo specchio c'è sempre un uomo nell'armadio, a sinistra un gatto morto per terra, delle teste che fanno capolino dalla finestra, il giallo e il nero del muro della casa di fronte da cui potrebbe uscire il fantasma di una vergine morta suicida da un secondo all'altro e a momenti gli assassini del piano di sotto verranno a prendere la mia testa.
Razionalizziamo: tu Daniele non lo sai, ma in questa casa un secolo fa è morta un'anziana signora per mano violenta della nipote che voleva la sua ricca eredità. Il fantasma della donna gira per la casa senza sosta. Tu Daniele ai fantasmi non credo, ma loro esistono: sei fregato!
Testa che mi scoppia, ti prego cervello fammi solo passare la notte. Solo la notte. Poi mi ammazzi.
Sono terrorizzato a letto. Immobile. Vittima di una paura angosciante creata da me stesso. Perché è chiaro che non ci sia nessuno a parte me nella stanza. Il corpo tremola coperto di sudore, non so dove muovere la testa o spostare gli occhi. Devo reagire, devo fare qualcosa! Cerco invano il mio raziocinio, una soluzione razionale per evitare il prossimo passo che sarà verso la morte. Sì, perché la morte era nella mia stanza in quel momento.
Ti spiego la paura. E ti spiego la morte:
è stata la paura di morire di paura.
Avevo il cuore a centomila, i nervi fuori dalla pelle, aspettavo solo che qualcosa succedesse per morire lì su quel letto di una casa di giovani lavoratori immigrati come me. Mia madre avrebbe trovato il mio cadavere lì. Ci vuole coraggio anche per morire di paura a trent'anni.


Poi: la soluzione.
Dev'essere quell'istinto alla sopravvivenza di cui parlano tanto. O forse mi sono pisciato addosso. Mi sono concentrato su me stesso: Daniele cazzo reagisci! Mi alzo di scatto seduto sul letto, accendo la luce accanto allo specchio. Nessun rumore, ma luce fu. Non c'era nessuno nella stanza a parte me. Né fantasmi né assassini. Mi stendo a letto come morto.


No, non è finita.
Sento davvero il cuore battere troppo veloce. Non riesco a rallentarlo, le braccia sono di nuovo bloccate, i nervi impazziti. Devo chiamare qualcuno, mi serve aiuto, penso.
Allora, mi faccio due conti: la ragazza che sta nella stanza di fronte a me ha 23 anni ed è alta un metro e quaranta. Se le entro in camera alle 4 di notte in questo stato si getta dalla finestra. I due ragazzi che sono di sopra hanno 21 e 24 anni. La 21enne si metterebbe ad urlare, forse il 24enne saprebbe cosa fare. Ma mi vergogno troppo alla mia età a salirli in camera alle 4 di mattina con le mutande bagnate a chiedergli cosa? Di abbracciarmi?!?
Non so cosa fare. Della spicciola filosofia sulla solitudine e sull'essere soli al mondo. Guardo la finestra, non conosco quasi nessuno in questa via e nemmeno in questa città. I miei amici sono a Pechino. E in Italia. Forse. No. Sono solo. Sono un essere solo. Siamo soli al mondo. Moriremo tutti e moriremo soli. E stanotte tocca a me. Non voglio morire così! Un attimo: il telefono! Basta girare lo sguardo, muovere un braccio, prendere il cellulare: chiama tua madre! Sì, così muore lei al posto mio. Non so bene neanche di cosa abbia bisogno... una voce? Una mano? Un abbraccio? Prendo invece il portatile che ho sul comodino, lo apro su una pagina a caso. Mi tiro su, seduto. Afferro il cellulare e mando un messaggio... a chi!?? Alla ragazza che stava con me qui ieri sera. Stella. Si chiama Stella. Le mando un sms: "dormi?". Ti prego, rispondimi, rispondimi, rispondimi! Sono le 4 e qualcosa, ma risponde.


Sono salvo.
La invito a venire su feisbuc (d'ora in poi non demonizzerò mai più questa orribile creatura), le comincio a raccontare, sento che la pressione cala, i nervi tornano al loro posto. E io sono salvo. O quasi.
Stella mi dice di calmarmi, che è tutto nella mia testa, un frutto del mio cervello. Chiaro cazzo, ma questa produzione mi sta ammazzando di paura, sto per avere un infarto.
"Daniele, tranquillo: sei solo nel panico..." mi scrive Stella.
Cazzo.
Era tanto facile.
Solo panico.
Io nel panico? Ma stiamo scherzando! Ho anche un dottorato in sociologia e tre punti alla testa per una rissa in un bar a Canton! Figuriamoci se io vado nel panico!!
E il panico svanisce...
Poco dopo chiudo la conversazione. Sono ancora troppo sconvolto per rimettermi a dormire: poi tornano i mostri. Io, Daniele, ateo bastardo convinto, trentenne che vive da solo fuori casa da dodici anni che si è cagato sotto ed è quasi morto (tra le varie opzioni per svoltare la morsa del letto c'era quella di buttarsi dalla finestra) per colpa di troppe sbronze, del cortisone e di quattro ombre nel cuore della notte.
Quasi non ci credo. Mi metto a leggere qualcosa su internet, poi a scrivere, poi a rispondere alle e-mail.
Alle sei e mezza di mattina svengo a letto. Alle otto e mezza mi ritrovo a ciondolarmi sul materasso sorridente, mentre sogno una partita della Maceratese e la mia sveglia che poco dopo suona.
Se me lo dicevano che la vita era così dalla finestra mi buttavo da piccolo.


Epilogo: la valeriana come prossima droga di uso quotidiano.
La giornata di lavoro è filata lascia, ma il ricordo della notte passata ancora no. Quasi non ci credo. E i nervi sono ancora sempre sull'attenti. Stella è un'eroina a tutto tondo e stasera si è offerta di dormire con me, almeno se arrivano i mostri io muoio di crepacuore ma almeno lei venderà cara la pelle.
E io ho ripensato all'alcool. E alle feste. E al cortisone. E al dormire due ore per notte.
Ora quasi mi piace di più questa stanza. Facciamo basta con l'alcool per un po'. E basta col cortisone che ero diventato una specie di dipendenza. Ora andiamo di letture la sera prima di andare a nanna. E di camomilla.
Anzi, di valeriana. Stella dixit.



Foto in alto: il cortisone di profilo.

3 Comments:

At 9:18 PM, Anonymous Anonymous said...

sono queste le scuse che inventi per fare entrare le donne nel tuo letto?? ;)

 
At 12:57 AM, Blogger natalia pi said...

sto per andare a letto. da sola. adesso i mostri li sognero' io, diobono...

 
At 9:24 PM, Blogger Marco Quagliatini Architetto said...

"..lo vedete, voi? vedete quanto vi racconto? vedete niente? mi sembra di star tentando di narrarvi un sogno - di fare uno sforzo vano, perchè nessun racconto di sogno può esprimere l'atmosfera del sogno, quel misto di assurdità sorpresa e smarrimento in un tremito di rivolta disperata, quella sensazione di esser prigioniero dell'incredibile che è la vera essenza del sogno.." Rimase silenzioso per un po'."..no, è impossibile; è impossibile comunicare la viva sensazione di una data epoca della propria esistenza - ciò che ne costituisce la realtà, il significato vero - la sottile e penetrante essenza. E' impoossibile. Viviamo come sogniamo - soli..." Conrad.

Grande Daniele!

 

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